LA NATIVIDAD – PRESENTAZIONE LIBRO

Giovedì 18 novembre alle 19.00
LA NATIVIDAD di Santiago Ydáñez, con testi di Juan Gómez Bárcena  .
Edizione d’artista.
Due storie parallele attorno alla misteriosa scomparsa del dipinto “La Natività” di Caravaggio.
Presentzione del libro presso la sala conferenze dell’Accademia con la presenza di Santiago Ydáñez (autore), Juan Gómez Bárcena (scrittore), Gonzalo Golpe (editore) e Marina Meyer (designer).

ANA DE DÍA – CINEMA ALL’ ACCADEMIA

Mercoledì 17 novembre alle 19.00 

Proiezione all’interno della rassegna Le donne parlano.

Con sottotitoli in inglese.


 

ANA DE DÍA
– Directora: Andrea Jaurrieta.

– Ana es una joven formal, educada en una familia de clase media tradicional. Está a punto de terminar su doctorado en derecho, entrar a formar parte de una empresa y casarse, pero no se siente realizada. Un día descubre que una doble idéntica a ella ha ocupado su lugar, llevando a cabo todas sus responsabilidades y obligaciones. Dándose cuenta de que por primera vez es totalmente libre, Ana decide explorar su nuevo anonimato y libertad, probando sus límites y buscando el sentido de su propia existencia, entre las noches madrileñas de cabaret y la pensión donde se alojará, repleta de personajes que anhelan así mismo desaparecer en la noche. Sin embargo, la rutina también llegará a su nueva vida y una pregunta le atormentará: ¿es posible huir de uno mismo?

- Biografía

– Andrea Jaurrieta (Pamplona, 1986). Directora y guionista. Su ópera prima, Ana de día (2018), de la cual también fue productora, participó en más de 30 festivales nacionales e internacionales ganando 12 premios que culminaron con su nominación como Mejor Dirección Novel en la 33 edición de los Premios Goya de 2019. Sus cortos han sido seleccionados en múltiples festivales nacionales e internacionales y algunas de sus video instalaciones y video creaciones han sido exhibidas en diversas instituciones culturales españolas internacionales. En 2015 fue meritoria de dirección de Pedro Almodóvar en la película Julieta. Sus proyectos han recibido becas como la de la Real Academia de España en Roma, la Residencia de Estudiantes de Madrid y la Academia de las Artes Cinematográficas de España. Es licenciada en Comunicación Audiovisual por la Universidad Complutense de Madrid, donde fue reconocida con el premio a la Mejor Directora de su promoción, y posee un Máster en Dirección Cinematográfica por la ESCAC así como una diplomatura en Arte Dramático por el Laboratorio de William Layton. Combina sus proyectos cinematográficos con su trabajo como profesora de Historia del Cine, Interpretación y Dirección en diversas escuelas especializadas y universidades de Madrid.

ELO VEGA, DE SCULPTURA

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


DE SCULPTURA

Il titolo è preso dal trattato rinascimentale De sculptura, pubblicato nel 1504. Il suo autore, Pomponio Gaurico, afferma che “nell’antica Roma il popolo immaginario delle statue (populus fictus) era pari a quello delle persone vive”. Attualmente, a quel popolo immaginario delle immagini bisogna aggiungere quelle che abitano i più o meno nuovi media, in cui il numero è infinitamente più grande di quello degli abitanti del pianeta. Non è con la loro onnipresenza che si espleta la funzione esemplare che svolgevano le statue? Fino a che punto in questa iconografia sopravvive e si diffonde – e allo stesso tempo si evolve e si trasforma – il discorso patriarcale che pretende la subordinazione delle donne, il ruolo accessorio della loro immagine, la loro denigrazione, il loro asservimento?

Nel frattempo, quelle statue si contemplano oggi, con devozione, all’interno dei musei e le loro infinite repliche sono fruite come souvenir. Ricordi. Promemoria. Ingenui manufatti che impercettibilmente ma senza sosta trasmettono un avvertimento, una minaccia rivolta a tutte le donne: essere oggetto di violenza non è un evento eccezionale, ma una parte essenziale alla base dell’ordine sociale.

L’espressione de sculptura (sulla scultura, della scultura), agli occhi, alle orecchie degli ispanofoni può suggerire l’idea di descultura, di desescultura, di una scultura alterata, capovolta. Allo stesso modo, in italiano, il verbo esculpir è scolpire. Laddove colpire (in castigliano golpear) crea un gioco di parole che ci permette di leggere la “s” iniziale come una particella privativa, simile al prefisso spagnolo “des”, invertendone così il significato: des-golpear, de-colpire. Il nostro lavoro di rilettura critica della scultura, delle mitologie della figura scultorea e delle sue mutazioni nella cultura consumista, mira a identificare le velature, gli eufemismi, le mimetizzazioni di quella violenza storicamente subita dalle donne per millenni, per visualizzarla, neutralizzarla, ribaltarla, smantellarla. 

 

OPERE


SPOLIA (RAPTAE)

TECNICA: Souvenir (resina e marmo), vetro e ricami su cotone.

Misure variabili

Telaio: 116 x 54 cm.

L’arte e la cultura sono storicamente state un potente e sottile strumento di legittimazione della violenza misogina. I capolavori della scultura classica contribuiscono, grazie al loro prestigio artistico, a rendere invisibile la brutalità dei fatti che rappresentano: uomini che rapiscono, violentano e mutilano donne.

SPOLIA (CAPTAE)

TECNICA: Souvenir (resina e marmo), vetro e ricami su cotone.

Misure variabili

Telai: 116 x 54 cm e 116 x 46 cm.

Le grandi opere d’arte (e le loro riproduzioni commerciali a forma di souvenir) rappresentano un meccanismo ideale per la diffusione del mandato di obbligatoria bellezza che lo sguardo maschile si aspetta dalle donne. La femminilità che il patriarcato ordina non soltanto pretende apparenza di eterna giovinezza, bensì anche obbedienza e silenzio.

COLPIRE

Libro d’artista

250 esemplari numerati.

16,5 x 21 cm.

144 pp.

L’obiettivo della selezione di immagini raccolte in questo saggio visivo si sintetizza nel titolo: S-colpire è un gioco di parole che svela all’interno del verbo scolpire la parola colpire. Si tratta di una rilettura critica dell’immaginario femminile, che mira a de-colpire, smontare, ribaltare, smantellare quella violenza.

FILO ROSSO #1

TECNICA: Stampa digitale e serigrafia su carta Hahnemühle 310 gr

110 x 85 cm.

Le due opere appartenenti alla serie intitolata Filo rosso sottolineano il modo in cui la violenza simbolica contro le donne che si mostra e si diffonde attraverso la statuaria classica sopravvive e si manifesta in espressioni culturali contemporanee, come i mass media e la pubblicità commerciale.

FILO ROSSO #3

TECNICA: Stampa digitale e serigrafia su carta Hahnemühle 310 gr

110 x 85 cm.

Le due opere appartenenti alla serie intitolata Filo rosso sottolineano il modo in cui la violenza simbolica contro le donne che si mostra e si diffonde attraverso la statuaria classica sopravvive e si manifesta in espressioni culturali contemporanee, come i mass media e la pubblicità commerciale.

BIOGRAFIA


ELO VEGA

Artista visiva e ricercatrice, dottoressa in Investigación en Artes y Humanidades.

Ha svolto residenze accademiche internazionali presso l’Ecole de Beaux-Arts di Nantes; la Facultad de Filosofía y Letras nella Benemérita Universidad di Puebla; Facultad de Filosofía y Letras dell’Universidad Autónoma della Baja California; nel Programa de Estudios de Género della Universidad Nacional Autónoma de México.

Il suo lavoro tratta questioni sociali, politiche e di genere da una prospettiva femminista antipatriarcale, attraverso progetti artistici che sono allo stesso tempo dispositivi di critica della cultura come strumento politico: produzioni audiovisive, mostre, pubblicazioni, interventi in spazi pubblici, lavori in rete, corsi e laboratori che affrontano i processi di generazione e riproduzione di ideologia e costruzione di identità.

Ha partecipato a progetti di pedagogia collettiva ed esposizioni, riguardanti in particolar modo la costruzione della storia, la memoria e le identità, in numerose istituzioni culturali d’Europa e America Latina, tra cui: CAAC (Siviglia), CAAM (Las Palmas de Gran Canaria), CCCB (Barcellona), CGAC (Santiago de Compostela), MACBA (Barcellona), Museo ICO (Madrid), MNCARS (Madrid), Museu Picasso (Barcellona), IVAM (Valencia), MUSAC (León), Es Baluard (Palma di Maiorca) o il MAC di Santiago del Cile.

www.elovega.net

Receta y sacrificio de 4 piezas de pan, Carlos Pardo en conversación con Miguel de Torres

Secreto para hacer un pan: el aire.

Aire de la Academia de España, donde chocan

el Céfiro y el Noto.

Un aire vivo: gérmenes

provenientes del sur

en colisión con acentrales vientos

(ese mohoso olor a tumba de tirano) 

provenientes del norte.

Un hijo de la sal del mar Tirreno

y del fermento de la tierra grávida:

el ciclo de la muerte que da vida 

(con indudables ecos virgilianos

y algo de la pachorra 

de un bodegón).

Esto es un pan. Y, bueno:

Medio kilo de harina,

proteína en un doce

por ciento e hidratada en casi 

dos decilitros de agua e infusión

de diente de león.

Y más cosas: un huevo 

de un tamaño mediano.

Y gramos, muchos gramos:

gramos de leche en polvo,

gramos de azúcar blanca,

gramos de mantequilla

(mantequilla sin sal, ni caliente ni fría)

gramos de levadura de cultivo

de panadero,

siete gramos de sal.

Empezaremos calentando 

el agua hasta la ebullición.

Y añadiremos varias hojas 

de diente de león

(esas hojas perdidas en el bosque romántico

que lastra la Academia hasta el Trastevere).

Retiramos del fuego:

infusionamos y colamos.

Y n un bol grande mezcla todo. Todo

menos la mantequilla,

menos la levadura,

menos alguna cosa

que no te digo aún

(y que no se me olvida).

Y después molturar, cerner, heñir y a-

ñadir la levadura

que previamente hemos disuelto 

en agua mientras amasamos

para obtener

un mecla homogénea.

Y golpear hasta alcanzar 

lo que es ligeramente pegajoso,

su repugnante intimidad.

Y después, mantequilla

en trozos pequeñitos

añadida de forma gradual.

Y amasa más y une y vuelve

a amasar mantequilla 

en su ductilidad.

Y cubre con un paño

la masa en la nevera,

déjala fermentar.

Y así pasen las horas. Mientras tanto

los mosquitos se acuestan en sus cuartos de pobre,

susurrantes e inquietos

y en el silencio sepulcral

de los claustros y viejos corredores

aún resuenan los pasos sin cabeza

de una triste doncella,

la Cenci. Y chillan las cotorras

que madrugan, y chillan las gaviotas

que reclaman tu carne

y un campanero loco 

agita el bronce airado

un poco antes de las siete.

Y así amanece el día.

Ese día que tira de los músculos

como quien hieñe el pan (pero me estoy

adelantando… Venga, a la cocina).

Preparamos dos hojas de papel de hornear. 

Colocamos encima de una de las hojas

la mantequilla en ocho trozos. 

Y encima, la otra hoja.

Y con ayuda de un rodillo

formamos una lámina cuadrada

de mantequilla.

De nuevo a la nevera, verberante.

La masa es un rectángulo extendido.

Y tras un breve lapso

acostamos la lámina

de mantequilla y la arropamos.

Y repetimos una y otra vez

(pero no más: son dos).

¿Quien recuerda la historia de aquel rey

tebano, el infeliz Penteo,

que fue despedazado por la hybris

con que negó a Dionisos,

y fueron arrancados sus miembros

y arrojados

por su hermana y su madre?

Eso házselo a la masa: en seis trozos.

¿Y quién la trenza de la diosa

ojizarca en el campo de batalla,

Minerva, del clarín enfebrecido?

Trenza también la masa. 

Despacito.

Y enróllala

sobre sí misma.

Y repetimos con las otras tiras 

hasta formar tres masas.

Tres masas aumentadas.

Tres masas que han crecido.

Porque crece las masas de los panes

aunque no tengan alma,

y sean sólo fría y torpe y viva

y húmeda materia.

Se ha detenido el viento.

Arde el sol de los panes.

Un suspiro: tres gramos de dóxido.

Reacción de Maillard

en la materia fermentada.

Arde a doscientos grados.

Una resurrección, ninguna muerte.

Retirar y templar.

Tibio sol de los panes

que muere para darse eternamente.

 

MARAL KEKEJIAN, VIA CRUCIS

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


URMA. PAESAGGIO E CULTURA CONTEMPORANEA NELLA CITTÀ DI ROMA

Per vent’anni ho lavorato per le istituzioni, legata alla gestione e alla creazione di contesti culturali. E negli ultimi cinque ho avuto la fortuna di esercitare una pratica, rivolta principalmente allo spazio pubblico, che mi ha permesso di ampliare il mio lavoro e di trasformarlo in maniera profonda.

Vale a dire: cercare, partendo dalla sfera pubblica, una forma originale ed espansa dei contesti culturali, ma senza accantonare la sfera istituzionale, includendone i saperi. Un invito a una materia conosciuta dai creatori, che esige però uno sguardo rinnovato, un’osservazione della realtà e una produzione di opere specifiche che non si riduce ai formati usuali di musei, teatri o sale concerti. Un modello culturale che include e responsabilizza le infrastrutture municipali, l’urbanismo, il clima e il tempo, e la cittadinanza.

Un pensare al fuori per il fuori. Un esercizio di gestione decentralizzato e accessibile partendo da ciò che non si conosce, un’appropriazione dello spazio comune delle città. La costruzione di un immaginario che raccoglie e amplia una realtà segnata dal dialogo e dalla distruzione di schemi prestabiliti, le barriere sociali che ci vengono imposte, che non mettono in discussione né la propria pertinenza né la propria sopravvivenza. Una pratica culturale che fa appello a un modo costante di porre domande alla città.

URMA è il progetto che usa Roma come laboratorio di lavoro. Il progetto consta di tre parti:

1. Quella teorica e di scrittura.

2. Quella della creazione di un contesto a partire dai parametri posti dalla città, le sue infrastrutture, l’istituzione e l’idea di tempo.

3. L’applicazione pratica con contenuti specifici per Roma, il tutto in dialogo con il tessuto artistico e la cittadinanza.

La prima parte di ricerca teorica punta verso tre direzioni: spazio pubblico/spazio comune, la costruzione del paesaggio a partire da nuovi immaginari e la creazione di volumi effimeri a partire dalla pratica delle arti vive e, infine, l’idea di celebrazione, di festa e la ricerca di radici nelle tradizioni, le quali appellano all’arte di stare insieme.

La seconda parte del progetto è un dialogo tra teoria e pratica, sulla base del contesto e del contenitore. In questo caso sarà Roma e la sua distribuzione geopolitica, amministrativa, storica e orografica, insieme all’Academia de España en Roma come interlocutrice del mio progetto. Inoltre, per questo contesto creato, si impone come elemento di sviluppo l’uso del tempo in tre direzioni: dal presente e come la pandemia ha determinato le sue regole del gioco per la pratica. Il secondo, l’uso del passato e della storia nella costruzione di Roma come spazio immateriale dal quale proporre cose nuove, recuperarne altre o rendere visibile ciò che fece parte della città viva. E infine, il futuro che cercherà di immaginare azioni chimeriche e irrealizzabili che amplino il nostro immaginario collettivo.

La terza parte è quella pratica, la sfera pubblica e ciò che si condivide con la città. URMA ha già presentato tre azioni, ha recuperato una tradizione dimenticata, e ha reso visibile una tradizione romana che sopravvive ancora oggi. Le tre azioni create sono: “Bacio all’aria” una sequenza di fuochi artificiali di un minuto ripetuta per una settimana, lanciati dalla torre dell’Accademia, un luogo privilegiato dal quale si abbraccia con lo sguardo gran parte della città. La seconda è stata “Serata Farmacia”, una silent disco guidata da musica elettronica a cura di tre dj, sotto diverse croci di farmacie del quartiere Esquilino. E la terza azione “Fi-danzanti o viva gli sposi”, una celebrazione del matrimonio di Jorge Dutor e Guillem Mont del Palol nella piazza pubblica di San Pietro in Montorio. La tradizione o, in questo caso, leggenda recuperata, è stata la “Cocomerata di San Bartolomeo” sull’Isola Tiberina, in cui si sono dati cocomeri ai romani e si è lanciato angurie nel fiume Tevere. E la tradizione resa visibile narra come ogni 5 di agosto, all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, piovono petali di dalia e rosa bianca, durante la celebrazione della festività della Madonna delle Nevi, patrona della basilica.

OPERE

VIA CRUCIS 

“Serata farmacia”, 10 e 11 settembre 2021, azione ideata da Fabrizio Federici.

Fotografie: Jorge Anguita Mirón

Informazioni Serata Farmacia (italiano)

Informazioni sull’attività (italiano)

Via Crucis: una processione con musica tra le farmacie dell’Esquilino

Dj invitati: Eva Geist, Hugo Sánchez e Juanito Jones.

Il luogo dell’incontro era: Fontana del Giardino di Piazza Vittorio.

Piazza Vittorio Emanuele II

L’attività è avvenuta il venerdì 10 e sabato 11 settembre 2021 / ore 22.00

I giorni e, soprattutto, le notti delle nostre città sono rischiarate a intermittenza da innumerevoli insegne cruciformi. La loro frenesia elettronica le allontana dallo spirito dei luoghi che segnalano, nei quali si entra, in silenzio e forse con apprensione, per chiedere aiuto e trovare un rimedio ai propri mali. Le collega invece a spazi che possono sembrare l’opposto: quelle luci indiavolate rimandano ai laser e ai faretti che ritmicamente ricamano o squarciano il buio delle discoteche. Luoghi molto distanti, indubbiamente; anche se l’esigenza di star meglio che spinge a varcare la soglia di entrambi non è poi così diversa.

Ballare ai piedi di queste croci salutifere non è quindi così assurdo: può rappresentare una divertente opportunità di recupero e di rilancio dell’idea di spazio pubblico. I tre dj, Eva Geist, Hugo Sánchez e Juanito Jones, daranno il via alle danze: in modalità silent disco, i partecipanti all’iniziativa balleranno al chiarore intermittente di tre farmacie dello storico quartiere romano dell’Esquilino. Era un’attività gratuita, previa prenotazione fino ad esaurimento.

Informazione sulla registrazione

Jorge Anguita Mirón, artista e fotografo madrileno che lavora principalmente sul concetto della luce, osservandola al di là dell’ambito fisico. È stato invitato a registrare le due notti di Serata Farmacia, mentre anche lui ascoltava con le cuffie la musica elettronica, osservava e documentava, la luce delle farmacie, il movimento della strada e delle persone che la transitavano e di quelle che ballavano mentre usufruivano l’azione con le proprie cuffie.

BIOGRAFIA


 MARAL KEKEJIAN
4.-RETRATO MARAL KEKEJIAN EN BAJA (1)

 

Coordinatrice e docente del modulo di Arti Sceniche e Musica del Master di Gestione Culturale dell’Università Carlos III. Consulente di Arti Sceniche per il bando PICE di AC/E. Curatrice delle PICNIC SESSIONS 2021, CA2M. È membro del Gruppo di lavoro culturale “Llanes. Paisajes en folixa” per il Comune di Llanes e la Fondazione Daniel e Nina Carasso, 2020, 2021 e 2022. Membro del Teatro del Consiglio di Stato per le Arti Sceniche e della Musica. INAEM, 2020. Direttrice artistica di Veranos de la Villa 2016 – 2019, Comune di Madrid. Direttrice artistica della Campagna di Natale / Cavalcata dei Re Magi 2015 – 2016, Comune di Madrid. Direttrice di produzione della compagnia svizzero-spagnola La Ribot. Ginevra, 2015. Direttrice dell’Area di Arti Sceniche, produce e coordina musica, danza, teatro, performance e programmazione per bambini per la Casa Encendida. Madrid, 2005 – 2014. Vicedirettrice del Teatro Pradillo. Madrid, 2001 – 2005. Coordinatrice delle Settimane Internazionali di Teatro per Bambine e Bambini, organizzate dalla Asociación Acción Educativa. Madrid, Lugo e Coruña, 1999 – 2006. Laureata in Storia dell’Arte presso l’Università Autonoma di Madrid (U.A.M.), Madrid, 1996 – 2001.

 

RISONANZE NASCOSTE

SABATO 16 OTTOBRE 2021/ ORE 19.30

GALLERIA NAZIONALE DI ARTE MODERNA (GNAM)

La Galleria Nazionale ospita, nel Salone Centrale eccezionalmente libero da ogni allestimento, una performance site specific parte del progetto Risonanze Nascoste, creato durante la fellowship alla Real Academia de España en Roma, con il sostegno del progetto EU H2020.
Il progetto coreografico e musicale, ideato da Istituto Stocos (Muriel Romero, Pablo Palacio, Daniel Besig) fa parte di un’estesa ricerca che intreccia danza e modelli computazionali per indagare il movimento e ampliarne il potenziale espressivo.
Risonanze Nascoste nasce da una riflessione sulla percezione di specifiche opere scultoree e pittoriche presenti a Roma, che si distinguono per la sorprendente capacità di incarnare le qualità del movimento, e su come queste qualità possano essere sviluppate ulteriormente attraverso il movimento dei corpi nello spazio fisico e tradotte in musica utilizzando la tecnologia interattiva.
Uno degli aspetti centrali di questo progetto sta quindi nell’uso della tecnologia come mezzo per estendere il movimento del corpo su altri piani di espressione artistica. Questo permette, per esempio, di comunicare attraverso la sonificazione interattiva aspetti espressivi della danza che generalmente non vengono percepiti dall’osservatore esterno, offrendo la possibilità di esprimere attraverso altre modalità sensoriali le qualità ipnotiche del movimento presenti nei capolavori che ispirano questo progetto.
Instituto Stocos (Muriel Romero, Pablo Palacio, Daniel Bisig) è un’organizzazione no-profit che svolge ricerca sull’interazione tra gesto corporeo, musica e immagine. Le performance di Istituto Stocos intrecciano in maniera transdisciplinare concetti e pratiche provenienti dalla biologia, matematica, psicologia sperimentale, intelligenza artificiale e mettono in campo la tecnologia per promuovere la diversità culturale e processi artistici ed educativi alternativi. Tra le performance artistiche che veicolano gli esiti e gli sviluppi costanti di questa ricerca ci sono la trilogia Acusmatrix, Catexis, Stocos, la serie Neural Narratives Series, Piano&Dancer, El Matrimonio del Cielo y el Infierno. Instituto Stocos ha partecipato a numerosi progetti nell’ambito del programma Creative Europe e EU H2020 come Metabody, WholoDance, DANCE e attualmente sta sviluppando tecnologie AI per la danza e la musica come parte del nuovo progetto E2 Create H2020.

La performance è gratuita e ad accesso libero fino a esaurimento posti.
Prenotazione consigliata scrivendo a: gan-amc.comunicazione@beniculturali.it

COREOGRAFÍA: Muriel Romero
MUSICA : Pablo Palacio.
PERFOMAMERS: Muriel Romero, Alicia Narejos and Teresa Garzón
SONIFICACION INTERCACTIVA : Pablo Palacio.
SOFTWARE Y TECNOLOGIA INTERACTIVA: Pablo Palacio and Daniel Bisig
VESTUARIO: Buj Studio
ESTILISMO: Rosa Murillo.
PRODUCCION: Spectare.
SUPPORTS: MAEC- Academia de Espagna in Roma, Mercat de les Flors, Union Europea (H2020), Motion Bank Mainz, Coventry Center for Contemporary Dance Research, Comunidad de Madrid, Inaem, Etopia Centre for Art and Technology.

ÀNGELS VILADOMIU, IL VIAGGIO DI ARCHIVIO

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


IL VIAGGIO DI ARCHIVIO

Il progetto di ricerca artistica proposto prende spunto da un fatto poco noto e studiato: il soggiorno a Roma di tre mesi di Alexander von Humboldt nel 1805. Le Note Romane nel suo quaderno di viaggio ci rivelano un momento di compendio nella fortunata traiettoria dello scienziato. A partire da una determinata idea di esplorazione botanica della città, ciò che Walter Benjamin definisce “botanizzare l’asfalto”, si ricostruisce attraverso le piante l’idea del viaggio d’archivio a Roma.

L’erbario che presento contiene la Flora ruderale di Roma, raccolta in luoghi dal valore archeologico e turistico significativo. Si tratta di zone alterate dagli interventi antropogenici nel corso dei secoli, il cui lo stato di deterioramento favorisce la crescita di piante autoctone, ospiti, vagabonde e migranti.

Lungi dal rigore scientifico del botanico, le specie erborizzate, pressate e indicizzate nei mesi di aprile e maggio corrispondono a due tipi di habitat: quello verticale e quello orizzontale, che si dipanano come la topografia stessa della città, organica per la caoticità urbana e geografica. 

A Roma, la cosiddetta flora spontanea colonizza tutto, si fa largo tra pietre e pareti, e condivide il ruolo di protagonista con acquedotti, monumenti e rovine. Qui la vegetazione si adatta alle pieghe della città, la sua struttura porosa e screpolata accoglie ricchi biosistemi che ci parlano dei diversi periodi della nostra storia.

 

OPERE


l viaggio di archivio prende la forma degli erbari scientifici in cui ogni specie è stata pressata, indicizzata e fissata con diverse tecniche su un foglio di cotone. Allo stesso modo ogni pianta si presenta con un supporto espositivo e una scatola d’archivio. Delle 50 specie raccolte sono state selezionate le più rappresentative, quelle che ci permettono di ricostruire le derive botaniche di Humboldt e della Roma attuale. Si tratta di piante comuni (senza alcun interesse apparente ma che rappresentano il vasto biotopo delle nostre città e che alcuni specialisti denominano meticciato vegetale planetario).

Parallelamente si espone una serie di lamine realizzate con cartoline, grafici, immagini e testi, in cui troviamo riferimenti alle “note romane” di Humboldt ma anche a una determinata visione romantica della Roma turistica. Humboldt concepiva le piante strettamente legate alla politica e all’economia, per lui le piante potevano spiegare tanti aspetti sia della società e dell’umanità che della natura.

Elenco di specie , habitat verticale (V) / habitat orizzontale (H):

Acanthus mollis (H)│Adiantum capillus-veneris (V)│Allium roseum (H) │Antirrhinum majus (V) │Anthriscus nitidus sylvestris (H) │Arenaria leptoclados (H)│Asparagus acutifolius (V)│Asplenium trichomanes (V)│Baptisia Tinctoria (h)│Bellis perennis (H)│Capsella bursa-pastoris (H)│Campanula erinus (H)│Capparis spinosa (V)│Carduus nutans (h)│Centaurea calcitrapa  (H)│Centranthus ruber (V)│Sylibum marianum (H)│Cymbalaria muralis (V)│Diplotaxis muralis (h)│Discorea elephantipes (V)│Erodium circutarium (H))│Ficus carica (V)│Galium murale (H)│Geranium pusillum (h)│Hedera helix (V)│Hypochaeris achyrophorus (h)│Ipomea imperati (H)│Leopoldia comosa (H)│Micromeria graeca (h)│Papaver rhoeas  (h)│Papaver dubium  (h)│Parietaria judaica (V)│Piptatherum miliaceum (H)│Ranunculus acris (h)│Raphanus raphanistrum (H)│Robinia pseudoacacia (h)│Ruta chalepensis (h)│Sambucus (H)│Saxifraga tridactylites (h)│Sedum sediforme (H)│Solanum nigrum (H)│Sonchus tenerrimus (V)│Tamus communis (H)│Teucrium flavum (h)│Trachynia distachya (H)│Trifolium scabrum (H)│Umbilicus rupestris (V)│Urtica dioica (H)│Valantia muralis (h)│Vulpia ciliata Dumort (H)

*Le specie in cursivo sono in mostra

 

BIOGRAFIA


Àngels Viladomiu

BARCELLONA, 1961. Artista visiva, dottorato in Belle Arti all’Universidad de Barcelona. La sua ricerca esplora le connessioni tra arte, botanica e dendrologia attraverso progetti artistici interdisciplinari. Per lo sviluppo dei suoi progetti collabora abitualmente con specialisti in botanica, briologia, orticultura e giardinaggio. Una parte della sua ricerca si è incentrata sullo studio delle collezioni degli erbari storici e si è svolta presso: Institut Botànic di Barcellona; Botanische Sammlung-Goethe National Museum-Klassik Stiftung di Weimar; Institut für Spezielle Botanik del Giardino Botanico di Jena, Herbarium Haussknecht Friedrich-Schiller-Universität Jena, tra gli altri.

Ha una lunga traiettoria di mostre nazionali e internazionali in centri d’arte, musei e gallerie, come Fundación Miró di Barcellona; ARTIUM Centro-Museo Vasco de Arte Contemporáneo, 

Vitoria-Gasteiz; Galería Moriarty, Galería Fúcares, Madrid. La sua opera è rappresentata in diverse collezioni pubbliche e private come Col·lecció Testimoni, Barcellona; Colección Fundación Coca-Cola. Centro de Arte Contemporáneo DA2, Salamanca; Colección del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid. 

È docente nella facoltà di Belle Arti dell’Universidad de Barcelona e attualmente coordina il Master ufficiale PRODART. Producción y investigación artística della stessa università.

MAR SÁEZ, TERZA VITA

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


TERZA VITA

Terza vita coglie le esperienze affettive di un territorio al di là di un’idea generale della città pandemica. Per certi versi, la fotografia reagisce alla singolarità di questo periodo, ma una lettura approfondita dello “stato d’eccezione” non coinvolge soltanto questo presente di pandemia, ma anche il modo in cui ci relazioniamo nelle città del ventunesimo secolo, la nostra mappa degli affetti. Pertanto, la prima domanda sorge in maniera quasi naturale: come convivono gli abitanti di una città che limita i suoi movimenti, chiude i suoi locali, ristoranti, musei… O meglio: che cos’è la libertà?

In un primo impulso, Terza vita studia questo concetto di libertà in un senso ampio e corale, se non paradossale. A tale scopo, concilia la fotografia con il documento, registrazioni video e interviste audio, e risalta quei momenti in cui la vita sotto minaccia del Covid rompe le nostre idee preconcette: i protagonisti di queste fotografie, di diverse età, origini o strati sociali, mostrano una stessa pulsione nonostante il considerevole stravolgimento del nostro contesto. La libertà emana una carica profonda, una forza radicata nella sensualità stessa dell’essere umano, e perfettamente incarnata dalla città di Roma: un esercizio di seduzione e di celebrazione della fugacità, un appetito di vita.

Infine, questo appetito inteso come difesa dell’esistenza, si conclude con un patto che chiude il cerchio di Terza vita: l’amore. Forse una nuova schiavitù, volontaria, ma aperta a tutte le possibilità. Sulla spiaggia di Ostia le fotografie colgono l’istante in cui avviene la promessa di un futuro: coppie di diverse età e in diversi momenti della propria storia personale a partire da un’intimità invasiva e complice. Invasiva perché i ritratti di Terza vita mirano a essere permeabili all’intimità dei fotografati. Ecco perché è importante il punto in cui si posiziona la macchina fotografica. Non tanto in un senso tecnico, come se si trattasse di una semplice questione di distanza o di altezza “obiettiva”, ma in un senso di temperatura etica: la macchina fotografica è posta sullo stesso piano della persona fotografata per accoglierla senza giudicarla; anzi, permettendole di mostrare tutta la sua vicinanza.

Sia nell’analisi della nozione di libertà che nei giochi di seduzione o nei patti d’amore, Terza vita studia un elemento principale di questa convivenza attiva: la promessa di futuro. Una celebrazione di quella vita tanto estranea alla nostalgia di un passato stabile quanto allo choc del presente e che emerge perfino nelle condizioni più avverse.

 

OPERE


Video (ingresso dell’accademia)

Senza titolo. Opera appartenente al progetto Terza vita.

Sulla spiaggia di Ostia Mar Sáez si è dedicata a osservare coppie di diverse età attraversate dal desiderio.

Opera sonora (stanza)

Senza titolo. Opera appartenente al progetto Terza vita.

Opera che raccoglie le interviste di Mar Sáez a svariati cittadini e cittadine durante la sua permanenza a Roma. L’opera è completata da un quaderno che raccoglie voci come quella di Franca, 90 anni, che ricorda il padre fascista ed esprime preoccupazione per il figlio disoccupato di 53 anni a suo carico; o di Marta, 33 anni, che analizza l’insicurezza consustanziale dell’essere donna a Roma; o di Abbas, 41 anni, che si lamenta dell’abbandono vissuto dai migranti rifugiati…

Serie fotografica  (primo piano)

Terza vita. Ritratto di un territorio vivo.

 

BIOGRAFIA


MAR SÁEZ

Mar Sáez (Murcia, 1983) è laureata in Psicologia e Comunicazione Audiovisiva all’Università di Valencia. La sua fotografia è stata esposta a The Gabarron Foundation a New York, Retine Argentique Gallery a Marsiglia e F22 Foto Space a Hong Kong, nonché in festival come KLAP Maison pour la Danse a Marsiglia, Arles, GuatePhoto in Guatemala, o fiere come Paris Photo, London Art Fair, ARCO e Estampa.

Vincitrice della Borsa di Studio di Arti Plastiche della Regione di Murcia, è stata insignita per due anni del Premio LUX dell’Associazione dei Fotografi Professionisti di Spagna (AFPE), selezionata in Festival come Scan de Tarragona, Albarracín e Futures 2020 proposta da PHotoEspaña, tra gli altri.

È autrice di due libri fotografici: Vera y Victoria (2016) e Gabriel (2018), pubblicati dalla casa editrice francese André Frère Éditions. La sua opera è presente in collezioni pubbliche e private in Europa, Asia e Stati Uniti. Come artista è rappresentata dalla galleria Daniel Cuevas di Madrid e Fifty Dots di Barcellona.

www.marsaez.com

JAVIER QUISLANT, SINUOSO TEMPO

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO

SINUOSO TEMPO

Giacinto Scelsi (La Spezia, 1905 – Roma, 1988) è uno dei compositori più genuini della nostra epoca. Teorici, interpreti e compositori hanno svolto ricerche e studi sui suoi contributi senza precedenti al ruolo del suono della musica occidentale. Lo stile maturo di Scelsi mostra sofisticati attributi nella concezione del suono e nei procedimenti compositivi. In questo senso la sua nozione e la sua pratica armonico-timbrica, il suo concetto di profondità del suono, ha un’importanza significativa. I contributi di Giacinto Scelsi hanno influenzato in maniera fondamentale le principali avanguardie musicali del XX e XXI secolo.

Scelsi sviluppò i suoi principali approcci artistici e le composizioni più rilevanti a partire dal 1950, alla fine di una seria crisi psicologica. Dopo la crisi, Scelsi concentrò tutta la sua energia creativa nell’universo interiore del suono, nel suono per se. Nelle opere di questo periodo, Scelsi presenta un concetto molto personale di espressione musicale, influenzato fondamentalmente dalla ricerca delle filosofie orientali. Scelsi si recò ripetutamente in paesi del continente asiatico. Queste esperienze gli servirono per approfondire la conoscenza delle culture orientali e sviluppare una sensibilità specifica nei confronti del suono. La propensione di Scelsi per i microintervalli favorì la scrittura per strumenti a corda e la voce umana. Scelsi era solito comporre con la ondiola (nota anche come ondioline o clavioline, un sintetizzatore monofonico con filtri e modulatore), fenomeno che lo spinse a prediligere l’armonia microtonale.

Nel decennio del 1960, Scelsi ampliò il concetto armonico adottato nella sua opera Quattro pezzi per orchestra (ciascuno su una nota sola) (1959-60), in cui ogni pièce si compone a partire da una sola nota. Quest’opera è una delle più rappresentative del compositore italiano. Nella ricerca della propria espressività, Scelsi stabilisce le nozioni della sua nozione e pratica armonico-timbrica, polifonica: da un unico suono – una monodia – come premessa di austerità, ne ascolta il carattere armonico e timbrico, facendo emergere ed elevando il suo mondo interiore polifonico. 

Una delle sue opere più significative, il Quartetto d’archi No. 4 (1964), spicca per la profondità con la quale Scelsi sviluppa le sue nozioni armoniche e timbriche. Queste si espandono su aspetti formali e strutturali (che Scelsi sviluppa in Anahit, 1965, concerto per violino) e su aspetti come una notazione in tablatura nella quale ogni corda degli strumenti entra in relazione con un pentagramma/voce. Questo dimostra fino a che punto la comprensione di Scelsi della polifonia e del contrappunto, sia come tecnica che come nozione, proietti e accolga altri parametri. Con questa notazione, la natura polifonica del suono si proietta nella natura stessa degli strumenti e il quartetto d’archi acquisisce una notevole concezione orchestrale.

Sinuoso tempo mira a sviluppare e a esprimere artisticamente il principio compositivo di stratificazione come concetto creato sul concetto di polifonia/profondità di Giacinto Scelsi. Proiettare questo principio di stratificazione sui parametri che definiscono ogni suono: altezza, durata, timbro, articolazione e intensità, nonché proiettare il principio sulla natura polifonica degli strumenti.

Sinuoso tempo raccoglie anche una premessa di austerità nell’avvicinamento al suono, che proviene sostanzialmente dallo stile contrappuntistico praticato alla fine del XVI secolo da Giovanni Pierluigi da Palestrina e da Tomás Luis de Victoria, nonché per il sentito carattere spirituale e sacrificale nei confronti della composizione musicale. Come compositore spagnolo, di Tomás Luis de Victoria, sappiamo che tra il 1571 e il 1585 sviluppò la sua arte in istituti romani come il Collegio Germanico, Santa Maria de Monserrat de los Españoles, San Giacomo degli Spagnoli o San Gerolamo della Carità, in cui ha potuto fare ricerca e studiare le sue opere, come nel caso della partitura del OFFICIUM HEBDOMADÆ SANCTÆ, custodita nell’archivio della Iglesia Santa Maria de Monserrato de los Españoles, in un’edizione datata 1585.

Le opere che compongono il Sinuoso tempo sono:

I. Mons Aureo

(Durata: 12’)

Antica denominazione di Montorio; deve il nome al colore ocra del terreno. La metafora del colore è l’idea per correlare colore visivo e colore sonoro, vale a dire TIMBRO.

II. Profondità dinamica

(Durata: 10’) 

Tratta il concetto di profondità introdotto da Scelsi dalla prospettiva di parametri relativi alla AGOGICA (fluttuazione di tempi), INTENSITÀ E DURATA. 

III. Reticulatum

(Durata: 13’) 

Lavora su qualità incentrate sull’ARTICOLAZIONE. L’opus reticulatum presente nei resti romani della Real Academia è il modello attraverso il quale si formalizzano processi sonori in cui l’articolazione riveste un ruolo determinante. 

IV. Nel silenzio degli intervalli

(Durata: 10’) 

Il titolo è una citazione di Scelsi. Quest’opera lavora sulla percezione di ALTEZZA da un punto di vista dell’intervallo e della frequenza. Qualità sonore che permangono nel background emergono in superficie sotto forma di nuove prospettive sonore. 

V. Tholos

(Durata: 16’) 

Quest’opera si erge come centro nel quale convergono i trattamenti applicati nelle opere precedenti e si focalizza sul trattare musicalmente un parametro di maggiore entità: la TEMPORALITÀ, i PROCESSI TEMPORALI. A tale scopo parte dal modello di tholos utilizzato da Bramante nella costruzione del Tempietto. 

Sinuoso tempo sarà eseguito per la prima volta nel mondo dal quartetto d’archi dell’ensemble austriaco per la nuova musica Klangforum Wien, la cui eccellenza interpretativa è riconosciuta a livello internazionale, il 7 dicembre del 2021 nel Salone dei Ritratti della Real Academia de España en Roma.

La creazione di questo progetto è avvenuta ed è stata accolta in seno a Roma, città somma di tempi diversi, infiniti. Nonché con la compagnia, silenziosa, del Tempietto del Bramante, che ci ricorda con la sua presenza quelle domande che sono lì e non cambiano con il passare del tempo, ma che hanno bisogno di reinventare una risposta a ogni istante, a ogni presente.

 

BIOGRAFIA


JAVIER QUISLANT

Bilbao 1984. Comincia a studiare Composizione e teoria musicale da autodidatta e contemporaneamente pianoforte, sassofono e chitarra elettrica nella scuola di musica e conservatorio locali. Ottiene il Titolo Superiore in Composizione a Barcellona e prosegue la sua formazione alla Universität für Musik und darstellende Kunst Graz con il compositore Beat Furrer, conseguendo a pieni voti i titoli di Master of Arts in Composizione Musicale e Master of Arts in Composizione di Teatro Musicale.

Alcuni riconoscimenti includono la borsa di studio Beca 2020 MAEC – AECID para la Real Academia de España en Roma, la Beca Leonardo a Investigadores y Creadores Culturales de la Fundación BBVA 2020, Franz Schubert und die Musik der Moderne – Kompositionswettbewerb für Klaviertrio 2020, Styria-Artist-in-Residence Stipendium 2020 (Austria), il XXIV Premio de Composición del Colegio de España en Paris y del INAEM, Musikförderungspreis der Stadt Graz 2017 (Premio de Composición de la ciudad de Graz 2017).

Alcune delle sue prossime attività includono l’anteprima il 25 ottobre di An der Schwelle (opera su commissione del CNDM – INAEM, nell’Auditorio 400 del MNCARS – Museo Reina Sofía) per l’ensemble tedesco LUX:NM, una conferenza sull’opera su commissione del CNDM alla Universidad Complutense de Madrid, la prima il 18 novembre a Parigi di Schweigend (opera su commissione del Colegio de España a Parigi e dell’INAEM, come vincitore del XXIV Premio de Composición Musical del Colegio de España a Parigi e dell’INAEM), la prima il 7 dicembre a Roma del ciclo per quartetto d’archi Sinuoso tiempo per il quartetto d’archi del Klangforum Wien, la prima il 2 marzo 2022 del ciclo per ensemble Espacio en penumbra per l’ensemble Klangforum Wien e il suo direttore Bas Wiegers (registrato e trasmesso via radio da ORF Radiokulturhaus – Radio Nazionale austriaca) come parte del concerto monografico organizzado da ORF–Radiokulturhaus e Wiener jeunnesse, la prima il 23 aprile di Tiempo silente per grande orchestra sinfonica (commissione della Fundación SGAE e della Asociación Española de Orquestas Sinfónicas – AEOS), nella stagione 2021 – 2022 (stagione commemorativa dei 100 anni dell’orchestra) della BOS – Orchestra Sinfonica di Bilbao, con la bacchetta del suo direttore Erik Nielsen, nel Palacio Euskalduna di Bilbao e una conferenza sul processo creativo e la sua musica nel Museo Guggenheim de Bilbao.

Esplorare il suono in relazione a letteratura e cinema è uno dei suoi principali interessi artistici.

www.soundcloud.com/javier-quislant

 

ALÁN CARRASCO E IRENE DE ANDRÉS, L’INVERSIONE PACIFICA

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

OPERA


L’inversione pacifica

Materiale: Objet trouvé (calco di cemento armato) e piedistallo MDF smaltato su misura.

Dimensione: 140 x 88 x 42 cm (senza piedistallo) 128 x 85 x 10 cm (piedistallo).

L’inversione pacifica è un gesto minimo su un emblema costruito e installato dalle istituzioni franchiste, smantellato poi dalla Legge di Memoria Storica. Uno scudo scomodo e pesante che è rimasto per anni dietro le grate di un seminterrato di questa Accademia. La sua singolare situazione rispecchia, ancora oggi, il problematico rapporto della Spagna con il proprio passato.

Questo blasone, inventariato sotto il titolo “Scudo pre-costituzionale”, è stato realizzato negli anni Quaranta dopo la vittoria nazional-cattolica nella Guerra Civile spagnola. Ha fatto parte di una produzione di massa commissionata dal regime per dotare lo Stato di nuovi simboli. In questo senso, quello che sembrava uno scudo intagliato nella pietra calcarea è risultato essere in realtà un calco di cemento armato prodotto in serie.

Per una qualche ragione, questo oggetto è rimasto a metà strada tra la facciata e uno sgabuzzino, ad accumulare polvere accanto alle caldaie. Quando ci siamo accorti della sua presenza, abbiamo deciso di evidenziare l’anomalia proponendo questa inversione, che restituisce questo simbolo al piano principale dell’Accademia, negando la sua stessa rappresentazione.

 

BIOGRAFIA


Irene de Andrés

Laureata alla Scuola di Belle Arti dell’Universidad Complutense di Madrid (2009) dove ha fatto un Master in ricerca e produzione artistica (2010). È stata una delle artiste residenti della Escuela FLORA Ars+Natura di Bogotá (Programma di residenze artistiche A/CE 2016) e del programma The Harbor de Beta Local a San Juan di Puerto Rico (2017). Nel 2019 è stata residente nel programma per Artisti Visivi del Centro de Residencias Matadero Madrid.

Tra le borse di studio e premi che ha ricevuto vanno menzionati il premio Generaciones, Circuitos de Artes Plásticas, il Premio Ciutat de Palma, “Ayudas a la Creación Audiovisual DKV-Es Baluard” e “Ayudas a la Creación Audiovisual del Programa Visiona” della Diputación di Huesca. Le sue mostre personali più recenti sono state realizzate a Espai 13 de la Fundación Joan Miró di Barcellona, e al Museo Patio Herreriano di Valladolid. Il lavoro di Irene si è potuto vedere anche in svariate mostre collettive in centri e istituzioni come il MuHKA (Museo di Arte Contemporanea di Anversa), Casa Encendida a Madrid, Trienal de Frestas de Sorocaba (Brasile), galleria Copperfield di Londra o IFA Galerie a Berlino.

www.irenedeandres.com

www.vimeo.com/irenedeandres

ALÁN CARRASCO