La Chiesa

Origine
Il primo riferimento che si ha di San Pietro in Montorio è nel Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis, della prima metà del IX secolo, dove viene definito “monasterium beati Petri quod vocatur ad Ianiculum”. Questo spazio venne successivamente occupato da benedettini, celestini, ambrosiani e benedettine, e adottò dal XIII secolo la denominazione di Mons Aureo, per la marna gialla che costituisce il Gianicolo, dal quale deriverà poi Montorio.
Lavori di Amadeo Menes da Silva
Nel 1472 Sisto IV della Rovere consegnò il complesso al suo confessore, francescano anch’egli, Amadeo Menes da Silva, perché costruisse un nuovo monastero di francescani riformati amadeiti. Dopo un primo aiuto da parte del re di Francia Luigi XI, Amadeo ottenne i favori dei Re Cattolici Isabella e Ferdinando, che diventarono i principali benefattori del rinnovamento di San Pietro in Montorio a partire dal 1480. In questa prima fase, tra il 1481 e il 1482, venne costruita soltanto l’abside poligonale, e i lavori si interruppero a causa della morte di Amadeo nel 1482.
Completamento
I lavori vennero ripresi nel 1488 con un nuovo contributo di Isabella e Ferdinando, cinquecento ducati d’oro all’anno provenienti dalle rendite della Sicilia, per terminare la costruzione della chiesa, lavori che sarebbero stati supervisionati da Juan Ruiz de Medina e Bernardino López de Carvajal, i loro ambasciatori presso la curia. Si conoscono altre donazioni di re Ferdinando nel 1493, nel 1496 e nel 1498, anno in cui la chiesa era praticamente terminata. La chiesa venne consacrata nel 1500, in occasione dell’anno giubilare, da Papa Alessandro VI. L’aspetto che aveva allora è lontano da quello che possiamo osservare oggi. Era composta da un’unica navata secondo la tipologia francescana, sulla quale si aprivano otto cappelle semicircolari per lato, e aveva un’elegante facciata di due corpi coronata da un frontone triangolare. Si attribuisce l’opera all’architetto Baccio Pontelli, ma lo stesso Vasari non ne aveva la certezza.
Decorazione originaria
Per quanto riguarda le decorazioni originarie all’interno, vennero realizzate negli ultimi anni del XV secolo e nei primi del XVI secolo. Di questa prima fase decorativa si conservano soltanto tre cappelle. Nella parte sinistra quella di Sant’Anna, della scuola di Antoniazzo Romano. Nella parte destra la Madonna della Lettera, di cui si conservano L’Incoronazione di Maria e le quattro Virtù nell’arco esterno, e quella della Presentazione al tempio, di cui restano quattro sibille sull’arco esterno, progettate da Baldassarre Peruzzi e portate a termine rispettivamente da Giovanni Pinura e da un collaboratore di Peruzzi.
Altri spazi importanti
La decorazione venne completata con interventi di primissimo livello, grazie al desiderio di prestigiose personalità di legarsi a questo spazio. Il commerciante fiorentino Pier Francesco Borgherini nel 1516 commissionò a Sebastiano del Piombo la decorazione della sua cappella con la Flagellazione di Cristo, realizzata su disegno di Michelangelo.
Il cardinale Giulio de’ Medici, futuro Clemente VII, donò nel 1523 la Trasfigurazione di Raffaello destinata all’altare maggiore, luogo che occupò fino al suo trasferimento a Parigi nel 1797 a conseguenza del Trattato di Tolentino. Restituita nel 1816 dopo la caduta di Napoleone, passò alla Pinacoteca Vaticana dove si conserva tutt’oggi.
Nel 1550 Giulio III del Monte, con l’obiettivo di rendere omaggio alla sua famiglia e di seppellire lo zio, il cardinale Antonio del Monte, commissionò la trasformazione della cappella di San Paolo, vicina all’altare maggiore, a Giorgio Vasari, mentre delle sculture si occupò Bartolomeo Ammannati. Lavoro simile venne realizzato da Daniele da Volterra nel 1556 nella cappella di San Giovanni Battista per il cardinale Giovanni Ricci.
Degna di nota anche la cappella di San Francesco, realizzata tra il 1640 e il 1647 sotto la direzione e il disegno di Gian Lorenzo Bernini su commissione di Francesco Raymondi.
XIX secolo
La chiesa soffrì gravi danni nel 1849, essendo stata utilizzata come ospedale durante i bombardamenti dei francesi di Napoleone III contro la Repubblica Romana, Dopo il restauro il soffitto venne decorato a metà del XIX secolo con pitture geometriche di Paolo Quattrini.
Quando la legge italiana del 19 giugno del 1873 estese alla città e alla provincia di Roma le leggi di soppressione delle corporazioni religiose vigenti nel Regno, diventò proprietà, insieme al resto del convento, dello Stato spagnolo, come sede dell’Accademia delle Belle Arti, secondo il documento di transazione del 21 agosto 1876.

La piazza

La Piazza di San Pietro in Montorio
Nonostante i grandi lavori portati a termine a San Pietro in Montorio sotto il patrocinio della monarchia ispanica, la piazza antistante al convento era stretta e con poca profondità, oltre ad avere un ingresso angusto e scomodo, come si può osservare nelle piante di Roma di Leonardo Bufalini realizzate nel 1551. Questo spazio non era all’altezza di un centro che aveva acquisito una grande importanza e che dal 1587 era sede di un titolo cardinalizio istituito da Sisto V, con tutto ciò che questo comportava in questioni di protocollo.
L’ambasciatore di Spagna a Roma, fresco di nomina, Juan Fernández Pacheco, Marchese di Villena, cercò di risolvere la situazione promuovendo nel 1605, anno che vide passare i pontificati filofrancesi di Clemente VIII Aldobrandini e di Leone XI de’ Medici, così come il più neutrale Paolo V Borghese, la costruzione di una piazza davanti al convento, e un ingresso che permettesse l’accesso di cavalli e carrozze. Oltre a rinsaldare il rapporto tra il complesso conventuale e la corona spagnola iniziato con i Re Cattolici, rafforzava la presenza della Spagna sul Gianicolo e nella città di Roma, ostile nei confronti dell’Impero dopo che Filippo II aveva imposto i suoi candidati al papato durante gran parte della seconda metà del XVI secolo. Inoltre, migliorando l’accesso, contribuiva all’aumento delle elemosine ai francescani. Villena richiese a Filippo III tremila ducati per questo progetto, che gli vennero concessi dalle rendite di Napoli. Per recuperare il dislivello si costruì un muraglione con contrafforti per mezzo di archi a tutto sesto a forma di nicchie che successivamente vennero murati per ragioni di stabilità. Davanti ad essa si collocò una lapide con incisa la seguente iscrizione: “Filippo III Re di Spagna, emulando la magnificenza e la pietà dei suoi predecessori e grazie alla solerzia del suo ambasciatore l’illustrissimo Juan Fernández Pacheco, marchese di Villena, in memoria del Principe degli Apostoli sul Monte Aureo al quale i predecessori Re Cattolici avevano elevato questo tempio e il convento, rafforzò la strada con le rendite reali, livellò la piazza, costruì i muraglioni per mantenere l’ampiezza del costruito, adornò il monumento della religione ancestrale MDCV”.
In seguito a questi lavori, che abbassarono il livello nella zona più vicina all’edificio, fu necessaria la costruzione di una nuova scala monumentale per accedere alla chiesa e un’altra più modesta per il tempietto.
La piazza venne completata con la costruzione di una fontana detta “La Castigliana”, per la presenza del castello nell’emblema araldico reale, attribuita a Giovanni Fontana, lo stesso che costruì la Fontana dell’Acqua Paola. La realizzazione di queste fontane fu possibile grazie alla ricostruzione, tra il 1608 e il 1610, dell’antico acquedotto di Traiano, che trasportava l’acqua dal lago di Bracciano al Gianicolo. Dopo l’assedio dei Francesi alla Repubblica Romana nel 1849 la fontana venne distrutta, e la conosciamo solo grazie alla raffigurazione in diverse incisioni.

La Via Crucis

La Via Crucis dell’Accademia di Spagna
La Via Crucis (cammino della croce) rappresenta le diverse tappe vissute da Gesù dal momento della sua cattura fino alla crocifissione e sepoltura. Una serie di quattordici immagini della Passione, denominate stazioni, esortano a un percorso di preghiera attraverso la meditazione della passione e della morte di Gesù Cristo nel suo cammino verso il Calvario.
Accesso a San Pietro in Montorio e prima viacrucis
La via di accesso all’Accademia che oggi occupa la Via Crucis appariva già nelle piante di Roma di Leonardo Bufalini, realizzate nel 1551 su commissione di Papa Giulio III. Questo accesso, che potrebbe considerarsi tortuoso, racchiudeva sicuramente il significato di ascensione contemplativa al sacro Monte Aureo, concetto che venne rafforzato a partire dal 1731 con la trasformazione della scalinata che arrivava ai piedi del Tempietto in Via Crucis, sotto il patrocinio di Giovanni Angelo Gregori e Francesco Antonio Costa, accostando il martirio di San Pietro alla passione di Cristo.
Rinnovamento del 1909
Il successivo rinnovamento di questa zona fu portato a termine nel 1909. Il direttore dell’Accademia di Roma, José Benlliure, scrisse al Ministero l’1 marzo del 1909 chiedendo di ritardare le nomine dei nuovi pensionados. Era stata concessa una proroga di sei mesi ai pittori di storia Ortiz Echagüe e Zaragoza Fernández, e a quello di scultura Martín Laurel per eseguire, durante quel periodo, le stazioni della nuova Via Crucis, costruita nella cordonata di accesso alla chiesa di San Pietro in Montorio. L’unico resto di questo intervento è il rilievo dell’Addolorata di Martín Laurel nel pianerottolo di sosta della scalinata, mentre i dipinti sono andati perduti. La raffigurazione della Vergine Maria come Addolorata è una delle rappresentazioni più tipiche dell’arte cristiana. Si ispira allo Stabat Mater, sequenza dell’Alleluia gregoriano attribuita a Papa Innocenzo III e al francescano Jacopone da Todi nel XIII secolo come preghiera che medita sulla sofferenza di Maria, la madre di Gesù, durante la crocifissione di suo figlio. In questo caso Maria occupa tutta la nicchia con Cristo crocifisso in bassorilievo nella parte superiore, in una composizione originale che si allontana dalla classica rappresentazione della Vergine ai piedi della croce.
Lavori di Carmelo Pastor Pla
L’aspetto attuale di questo spazio si deve all’intervento dello scultore Carmelo Pastor Pla (Valencia, 1924 – Aquisgrana, 1966). Nel 1948 ottenne, dopo il superamento di un esame, la pensión che gli avrebbe permesso di vivere nell’Accademia di Spagna a Roma, facendo parte dell’annata in cui si riaprirono le pensiones dopo l’interruzione della Guerra Civile spagnola e della Seconda guerra mondiale. Si insediò come pensionado di scultura nel gennaio del 1949, sospendendo nel 1951 per svolgere il servizio militare in Spagna, e rientrò in Accademia nell’agosto del 1952. Nel maggio del 1954 concluse il periodo di pensionado, ma continuò a risiedere nell’Accademia fino al 1958, ricevendo quello stesso anno l’incarico delle stazioni della viacrucis che venne inaugurata nel 1957 durante la direzione dell’Accademia del Marchese di Lozoya.
I bassorilievi di Carmelo Pastor occupano le nicchie abbellite da frontoni triangolari costruiti in mattone. Le quattordici stazioni sono realizzate in terracotta policromata e composte da dodici targhe di 30 x 30 cm. Si legge sulla targa dell’inaugurazione: “Grazie all’Ambasciatore di Spagna e Governatore dell’Opera Pia l’Eccellentissimo Signor D. Fernando María Castiella e il direttore dell’Accademia Spagnola di Belle Arti l’Eccellentissimo Signor D. Juán de Contreras, marchese di Lozoya, sono state rinnovate dallo scultore D. Carmelo Pastor, pensionado nell’Accademia, le stazioni della Via Crucis di San Pietro in Montorio. M. CM. LVII”.
Stilisticamente rimandano ad alcuni lavori di Marino Marini e Giacomo Manzù, così come ai pittori compagni di pensión a Roma: Manuel López Villaseñor, Andrés Conejo e Victoriano Pardo Galindo.
Nel pianerottolo di sosta tra le due rampe della Via Crucis si trova la cappella sconsacrata dedicata al frate francescano Sant’Antonio di Padova. Rientrava nel complesso conventuale di San Pietro in Montorio e venne inclusa nel progetto di Herrero y Herreros nel 1879 come parte integrante dell’Accademia, trasformata poi in studio utilizzato dai borsisti della specialità di Musica.