LA NATIVIDAD – PRESENTAZIONE LIBRO

Giovedì 18 novembre alle 19.00
LA NATIVIDAD di Santiago Ydáñez, con testi di Juan Gómez Bárcena  .
Edizione d’artista.
Due storie parallele attorno alla misteriosa scomparsa del dipinto “La Natività” di Caravaggio.
Presentzione del libro presso la sala conferenze dell’Accademia con la presenza di Santiago Ydáñez (autore), Juan Gómez Bárcena (scrittore), Gonzalo Golpe (editore) e Marina Meyer (designer).

ELO VEGA, DE SCULPTURA

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


DE SCULPTURA

Il titolo è preso dal trattato rinascimentale De sculptura, pubblicato nel 1504. Il suo autore, Pomponio Gaurico, afferma che “nell’antica Roma il popolo immaginario delle statue (populus fictus) era pari a quello delle persone vive”. Attualmente, a quel popolo immaginario delle immagini bisogna aggiungere quelle che abitano i più o meno nuovi media, in cui il numero è infinitamente più grande di quello degli abitanti del pianeta. Non è con la loro onnipresenza che si espleta la funzione esemplare che svolgevano le statue? Fino a che punto in questa iconografia sopravvive e si diffonde – e allo stesso tempo si evolve e si trasforma – il discorso patriarcale che pretende la subordinazione delle donne, il ruolo accessorio della loro immagine, la loro denigrazione, il loro asservimento?

Nel frattempo, quelle statue si contemplano oggi, con devozione, all’interno dei musei e le loro infinite repliche sono fruite come souvenir. Ricordi. Promemoria. Ingenui manufatti che impercettibilmente ma senza sosta trasmettono un avvertimento, una minaccia rivolta a tutte le donne: essere oggetto di violenza non è un evento eccezionale, ma una parte essenziale alla base dell’ordine sociale.

L’espressione de sculptura (sulla scultura, della scultura), agli occhi, alle orecchie degli ispanofoni può suggerire l’idea di descultura, di desescultura, di una scultura alterata, capovolta. Allo stesso modo, in italiano, il verbo esculpir è scolpire. Laddove colpire (in castigliano golpear) crea un gioco di parole che ci permette di leggere la “s” iniziale come una particella privativa, simile al prefisso spagnolo “des”, invertendone così il significato: des-golpear, de-colpire. Il nostro lavoro di rilettura critica della scultura, delle mitologie della figura scultorea e delle sue mutazioni nella cultura consumista, mira a identificare le velature, gli eufemismi, le mimetizzazioni di quella violenza storicamente subita dalle donne per millenni, per visualizzarla, neutralizzarla, ribaltarla, smantellarla. 

 

OPERE


SPOLIA (RAPTAE)

TECNICA: Souvenir (resina e marmo), vetro e ricami su cotone.

Misure variabili

Telaio: 116 x 54 cm.

L’arte e la cultura sono storicamente state un potente e sottile strumento di legittimazione della violenza misogina. I capolavori della scultura classica contribuiscono, grazie al loro prestigio artistico, a rendere invisibile la brutalità dei fatti che rappresentano: uomini che rapiscono, violentano e mutilano donne.

SPOLIA (CAPTAE)

TECNICA: Souvenir (resina e marmo), vetro e ricami su cotone.

Misure variabili

Telai: 116 x 54 cm e 116 x 46 cm.

Le grandi opere d’arte (e le loro riproduzioni commerciali a forma di souvenir) rappresentano un meccanismo ideale per la diffusione del mandato di obbligatoria bellezza che lo sguardo maschile si aspetta dalle donne. La femminilità che il patriarcato ordina non soltanto pretende apparenza di eterna giovinezza, bensì anche obbedienza e silenzio.

COLPIRE

Libro d’artista

250 esemplari numerati.

16,5 x 21 cm.

144 pp.

L’obiettivo della selezione di immagini raccolte in questo saggio visivo si sintetizza nel titolo: S-colpire è un gioco di parole che svela all’interno del verbo scolpire la parola colpire. Si tratta di una rilettura critica dell’immaginario femminile, che mira a de-colpire, smontare, ribaltare, smantellare quella violenza.

FILO ROSSO #1

TECNICA: Stampa digitale e serigrafia su carta Hahnemühle 310 gr

110 x 85 cm.

Le due opere appartenenti alla serie intitolata Filo rosso sottolineano il modo in cui la violenza simbolica contro le donne che si mostra e si diffonde attraverso la statuaria classica sopravvive e si manifesta in espressioni culturali contemporanee, come i mass media e la pubblicità commerciale.

FILO ROSSO #3

TECNICA: Stampa digitale e serigrafia su carta Hahnemühle 310 gr

110 x 85 cm.

Le due opere appartenenti alla serie intitolata Filo rosso sottolineano il modo in cui la violenza simbolica contro le donne che si mostra e si diffonde attraverso la statuaria classica sopravvive e si manifesta in espressioni culturali contemporanee, come i mass media e la pubblicità commerciale.

BIOGRAFIA


ELO VEGA

Artista visiva e ricercatrice, dottoressa in Investigación en Artes y Humanidades.

Ha svolto residenze accademiche internazionali presso l’Ecole de Beaux-Arts di Nantes; la Facultad de Filosofía y Letras nella Benemérita Universidad di Puebla; Facultad de Filosofía y Letras dell’Universidad Autónoma della Baja California; nel Programa de Estudios de Género della Universidad Nacional Autónoma de México.

Il suo lavoro tratta questioni sociali, politiche e di genere da una prospettiva femminista antipatriarcale, attraverso progetti artistici che sono allo stesso tempo dispositivi di critica della cultura come strumento politico: produzioni audiovisive, mostre, pubblicazioni, interventi in spazi pubblici, lavori in rete, corsi e laboratori che affrontano i processi di generazione e riproduzione di ideologia e costruzione di identità.

Ha partecipato a progetti di pedagogia collettiva ed esposizioni, riguardanti in particolar modo la costruzione della storia, la memoria e le identità, in numerose istituzioni culturali d’Europa e America Latina, tra cui: CAAC (Siviglia), CAAM (Las Palmas de Gran Canaria), CCCB (Barcellona), CGAC (Santiago de Compostela), MACBA (Barcellona), Museo ICO (Madrid), MNCARS (Madrid), Museu Picasso (Barcellona), IVAM (Valencia), MUSAC (León), Es Baluard (Palma di Maiorca) o il MAC di Santiago del Cile.

www.elovega.net

Receta y sacrificio de 4 piezas de pan, Carlos Pardo en conversación con Miguel de Torres

Secreto para hacer un pan: el aire.

Aire de la Academia de España, donde chocan

el Céfiro y el Noto.

Un aire vivo: gérmenes

provenientes del sur

en colisión con acentrales vientos

(ese mohoso olor a tumba de tirano) 

provenientes del norte.

Un hijo de la sal del mar Tirreno

y del fermento de la tierra grávida:

el ciclo de la muerte que da vida 

(con indudables ecos virgilianos

y algo de la pachorra 

de un bodegón).

Esto es un pan. Y, bueno:

Medio kilo de harina,

proteína en un doce

por ciento e hidratada en casi 

dos decilitros de agua e infusión

de diente de león.

Y más cosas: un huevo 

de un tamaño mediano.

Y gramos, muchos gramos:

gramos de leche en polvo,

gramos de azúcar blanca,

gramos de mantequilla

(mantequilla sin sal, ni caliente ni fría)

gramos de levadura de cultivo

de panadero,

siete gramos de sal.

Empezaremos calentando 

el agua hasta la ebullición.

Y añadiremos varias hojas 

de diente de león

(esas hojas perdidas en el bosque romántico

que lastra la Academia hasta el Trastevere).

Retiramos del fuego:

infusionamos y colamos.

Y n un bol grande mezcla todo. Todo

menos la mantequilla,

menos la levadura,

menos alguna cosa

que no te digo aún

(y que no se me olvida).

Y después molturar, cerner, heñir y a-

ñadir la levadura

que previamente hemos disuelto 

en agua mientras amasamos

para obtener

un mecla homogénea.

Y golpear hasta alcanzar 

lo que es ligeramente pegajoso,

su repugnante intimidad.

Y después, mantequilla

en trozos pequeñitos

añadida de forma gradual.

Y amasa más y une y vuelve

a amasar mantequilla 

en su ductilidad.

Y cubre con un paño

la masa en la nevera,

déjala fermentar.

Y así pasen las horas. Mientras tanto

los mosquitos se acuestan en sus cuartos de pobre,

susurrantes e inquietos

y en el silencio sepulcral

de los claustros y viejos corredores

aún resuenan los pasos sin cabeza

de una triste doncella,

la Cenci. Y chillan las cotorras

que madrugan, y chillan las gaviotas

que reclaman tu carne

y un campanero loco 

agita el bronce airado

un poco antes de las siete.

Y así amanece el día.

Ese día que tira de los músculos

como quien hieñe el pan (pero me estoy

adelantando… Venga, a la cocina).

Preparamos dos hojas de papel de hornear. 

Colocamos encima de una de las hojas

la mantequilla en ocho trozos. 

Y encima, la otra hoja.

Y con ayuda de un rodillo

formamos una lámina cuadrada

de mantequilla.

De nuevo a la nevera, verberante.

La masa es un rectángulo extendido.

Y tras un breve lapso

acostamos la lámina

de mantequilla y la arropamos.

Y repetimos una y otra vez

(pero no más: son dos).

¿Quien recuerda la historia de aquel rey

tebano, el infeliz Penteo,

que fue despedazado por la hybris

con que negó a Dionisos,

y fueron arrancados sus miembros

y arrojados

por su hermana y su madre?

Eso házselo a la masa: en seis trozos.

¿Y quién la trenza de la diosa

ojizarca en el campo de batalla,

Minerva, del clarín enfebrecido?

Trenza también la masa. 

Despacito.

Y enróllala

sobre sí misma.

Y repetimos con las otras tiras 

hasta formar tres masas.

Tres masas aumentadas.

Tres masas que han crecido.

Porque crece las masas de los panes

aunque no tengan alma,

y sean sólo fría y torpe y viva

y húmeda materia.

Se ha detenido el viento.

Arde el sol de los panes.

Un suspiro: tres gramos de dóxido.

Reacción de Maillard

en la materia fermentada.

Arde a doscientos grados.

Una resurrección, ninguna muerte.

Retirar y templar.

Tibio sol de los panes

que muere para darse eternamente.

 

MARAL KEKEJIAN, VIA CRUCIS

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


URMA. PAESAGGIO E CULTURA CONTEMPORANEA NELLA CITTÀ DI ROMA

Per vent’anni ho lavorato per le istituzioni, legata alla gestione e alla creazione di contesti culturali. E negli ultimi cinque ho avuto la fortuna di esercitare una pratica, rivolta principalmente allo spazio pubblico, che mi ha permesso di ampliare il mio lavoro e di trasformarlo in maniera profonda.

Vale a dire: cercare, partendo dalla sfera pubblica, una forma originale ed espansa dei contesti culturali, ma senza accantonare la sfera istituzionale, includendone i saperi. Un invito a una materia conosciuta dai creatori, che esige però uno sguardo rinnovato, un’osservazione della realtà e una produzione di opere specifiche che non si riduce ai formati usuali di musei, teatri o sale concerti. Un modello culturale che include e responsabilizza le infrastrutture municipali, l’urbanismo, il clima e il tempo, e la cittadinanza.

Un pensare al fuori per il fuori. Un esercizio di gestione decentralizzato e accessibile partendo da ciò che non si conosce, un’appropriazione dello spazio comune delle città. La costruzione di un immaginario che raccoglie e amplia una realtà segnata dal dialogo e dalla distruzione di schemi prestabiliti, le barriere sociali che ci vengono imposte, che non mettono in discussione né la propria pertinenza né la propria sopravvivenza. Una pratica culturale che fa appello a un modo costante di porre domande alla città.

URMA è il progetto che usa Roma come laboratorio di lavoro. Il progetto consta di tre parti:

1. Quella teorica e di scrittura.

2. Quella della creazione di un contesto a partire dai parametri posti dalla città, le sue infrastrutture, l’istituzione e l’idea di tempo.

3. L’applicazione pratica con contenuti specifici per Roma, il tutto in dialogo con il tessuto artistico e la cittadinanza.

La prima parte di ricerca teorica punta verso tre direzioni: spazio pubblico/spazio comune, la costruzione del paesaggio a partire da nuovi immaginari e la creazione di volumi effimeri a partire dalla pratica delle arti vive e, infine, l’idea di celebrazione, di festa e la ricerca di radici nelle tradizioni, le quali appellano all’arte di stare insieme.

La seconda parte del progetto è un dialogo tra teoria e pratica, sulla base del contesto e del contenitore. In questo caso sarà Roma e la sua distribuzione geopolitica, amministrativa, storica e orografica, insieme all’Academia de España en Roma come interlocutrice del mio progetto. Inoltre, per questo contesto creato, si impone come elemento di sviluppo l’uso del tempo in tre direzioni: dal presente e come la pandemia ha determinato le sue regole del gioco per la pratica. Il secondo, l’uso del passato e della storia nella costruzione di Roma come spazio immateriale dal quale proporre cose nuove, recuperarne altre o rendere visibile ciò che fece parte della città viva. E infine, il futuro che cercherà di immaginare azioni chimeriche e irrealizzabili che amplino il nostro immaginario collettivo.

La terza parte è quella pratica, la sfera pubblica e ciò che si condivide con la città. URMA ha già presentato tre azioni, ha recuperato una tradizione dimenticata, e ha reso visibile una tradizione romana che sopravvive ancora oggi. Le tre azioni create sono: “Bacio all’aria” una sequenza di fuochi artificiali di un minuto ripetuta per una settimana, lanciati dalla torre dell’Accademia, un luogo privilegiato dal quale si abbraccia con lo sguardo gran parte della città. La seconda è stata “Serata Farmacia”, una silent disco guidata da musica elettronica a cura di tre dj, sotto diverse croci di farmacie del quartiere Esquilino. E la terza azione “Fi-danzanti o viva gli sposi”, una celebrazione del matrimonio di Jorge Dutor e Guillem Mont del Palol nella piazza pubblica di San Pietro in Montorio. La tradizione o, in questo caso, leggenda recuperata, è stata la “Cocomerata di San Bartolomeo” sull’Isola Tiberina, in cui si sono dati cocomeri ai romani e si è lanciato angurie nel fiume Tevere. E la tradizione resa visibile narra come ogni 5 di agosto, all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, piovono petali di dalia e rosa bianca, durante la celebrazione della festività della Madonna delle Nevi, patrona della basilica.

OPERE

VIA CRUCIS 

“Serata farmacia”, 10 e 11 settembre 2021, azione ideata da Fabrizio Federici.

Fotografie: Jorge Anguita Mirón

Informazioni Serata Farmacia (italiano)

Informazioni sull’attività (italiano)

Via Crucis: una processione con musica tra le farmacie dell’Esquilino

Dj invitati: Eva Geist, Hugo Sánchez e Juanito Jones.

Il luogo dell’incontro era: Fontana del Giardino di Piazza Vittorio.

Piazza Vittorio Emanuele II

L’attività è avvenuta il venerdì 10 e sabato 11 settembre 2021 / ore 22.00

I giorni e, soprattutto, le notti delle nostre città sono rischiarate a intermittenza da innumerevoli insegne cruciformi. La loro frenesia elettronica le allontana dallo spirito dei luoghi che segnalano, nei quali si entra, in silenzio e forse con apprensione, per chiedere aiuto e trovare un rimedio ai propri mali. Le collega invece a spazi che possono sembrare l’opposto: quelle luci indiavolate rimandano ai laser e ai faretti che ritmicamente ricamano o squarciano il buio delle discoteche. Luoghi molto distanti, indubbiamente; anche se l’esigenza di star meglio che spinge a varcare la soglia di entrambi non è poi così diversa.

Ballare ai piedi di queste croci salutifere non è quindi così assurdo: può rappresentare una divertente opportunità di recupero e di rilancio dell’idea di spazio pubblico. I tre dj, Eva Geist, Hugo Sánchez e Juanito Jones, daranno il via alle danze: in modalità silent disco, i partecipanti all’iniziativa balleranno al chiarore intermittente di tre farmacie dello storico quartiere romano dell’Esquilino. Era un’attività gratuita, previa prenotazione fino ad esaurimento.

Informazione sulla registrazione

Jorge Anguita Mirón, artista e fotografo madrileno che lavora principalmente sul concetto della luce, osservandola al di là dell’ambito fisico. È stato invitato a registrare le due notti di Serata Farmacia, mentre anche lui ascoltava con le cuffie la musica elettronica, osservava e documentava, la luce delle farmacie, il movimento della strada e delle persone che la transitavano e di quelle che ballavano mentre usufruivano l’azione con le proprie cuffie.

BIOGRAFIA


 MARAL KEKEJIAN
4.-RETRATO MARAL KEKEJIAN EN BAJA (1)

 

Coordinatrice e docente del modulo di Arti Sceniche e Musica del Master di Gestione Culturale dell’Università Carlos III. Consulente di Arti Sceniche per il bando PICE di AC/E. Curatrice delle PICNIC SESSIONS 2021, CA2M. È membro del Gruppo di lavoro culturale “Llanes. Paisajes en folixa” per il Comune di Llanes e la Fondazione Daniel e Nina Carasso, 2020, 2021 e 2022. Membro del Teatro del Consiglio di Stato per le Arti Sceniche e della Musica. INAEM, 2020. Direttrice artistica di Veranos de la Villa 2016 – 2019, Comune di Madrid. Direttrice artistica della Campagna di Natale / Cavalcata dei Re Magi 2015 – 2016, Comune di Madrid. Direttrice di produzione della compagnia svizzero-spagnola La Ribot. Ginevra, 2015. Direttrice dell’Area di Arti Sceniche, produce e coordina musica, danza, teatro, performance e programmazione per bambini per la Casa Encendida. Madrid, 2005 – 2014. Vicedirettrice del Teatro Pradillo. Madrid, 2001 – 2005. Coordinatrice delle Settimane Internazionali di Teatro per Bambine e Bambini, organizzate dalla Asociación Acción Educativa. Madrid, Lugo e Coruña, 1999 – 2006. Laureata in Storia dell’Arte presso l’Università Autonoma di Madrid (U.A.M.), Madrid, 1996 – 2001.

 

ÀNGELS VILADOMIU, IL VIAGGIO DI ARCHIVIO

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


IL VIAGGIO DI ARCHIVIO

Il progetto di ricerca artistica proposto prende spunto da un fatto poco noto e studiato: il soggiorno a Roma di tre mesi di Alexander von Humboldt nel 1805. Le Note Romane nel suo quaderno di viaggio ci rivelano un momento di compendio nella fortunata traiettoria dello scienziato. A partire da una determinata idea di esplorazione botanica della città, ciò che Walter Benjamin definisce “botanizzare l’asfalto”, si ricostruisce attraverso le piante l’idea del viaggio d’archivio a Roma.

L’erbario che presento contiene la Flora ruderale di Roma, raccolta in luoghi dal valore archeologico e turistico significativo. Si tratta di zone alterate dagli interventi antropogenici nel corso dei secoli, il cui lo stato di deterioramento favorisce la crescita di piante autoctone, ospiti, vagabonde e migranti.

Lungi dal rigore scientifico del botanico, le specie erborizzate, pressate e indicizzate nei mesi di aprile e maggio corrispondono a due tipi di habitat: quello verticale e quello orizzontale, che si dipanano come la topografia stessa della città, organica per la caoticità urbana e geografica. 

A Roma, la cosiddetta flora spontanea colonizza tutto, si fa largo tra pietre e pareti, e condivide il ruolo di protagonista con acquedotti, monumenti e rovine. Qui la vegetazione si adatta alle pieghe della città, la sua struttura porosa e screpolata accoglie ricchi biosistemi che ci parlano dei diversi periodi della nostra storia.

 

OPERE


l viaggio di archivio prende la forma degli erbari scientifici in cui ogni specie è stata pressata, indicizzata e fissata con diverse tecniche su un foglio di cotone. Allo stesso modo ogni pianta si presenta con un supporto espositivo e una scatola d’archivio. Delle 50 specie raccolte sono state selezionate le più rappresentative, quelle che ci permettono di ricostruire le derive botaniche di Humboldt e della Roma attuale. Si tratta di piante comuni (senza alcun interesse apparente ma che rappresentano il vasto biotopo delle nostre città e che alcuni specialisti denominano meticciato vegetale planetario).

Parallelamente si espone una serie di lamine realizzate con cartoline, grafici, immagini e testi, in cui troviamo riferimenti alle “note romane” di Humboldt ma anche a una determinata visione romantica della Roma turistica. Humboldt concepiva le piante strettamente legate alla politica e all’economia, per lui le piante potevano spiegare tanti aspetti sia della società e dell’umanità che della natura.

Elenco di specie , habitat verticale (V) / habitat orizzontale (H):

Acanthus mollis (H)│Adiantum capillus-veneris (V)│Allium roseum (H) │Antirrhinum majus (V) │Anthriscus nitidus sylvestris (H) │Arenaria leptoclados (H)│Asparagus acutifolius (V)│Asplenium trichomanes (V)│Baptisia Tinctoria (h)│Bellis perennis (H)│Capsella bursa-pastoris (H)│Campanula erinus (H)│Capparis spinosa (V)│Carduus nutans (h)│Centaurea calcitrapa  (H)│Centranthus ruber (V)│Sylibum marianum (H)│Cymbalaria muralis (V)│Diplotaxis muralis (h)│Discorea elephantipes (V)│Erodium circutarium (H))│Ficus carica (V)│Galium murale (H)│Geranium pusillum (h)│Hedera helix (V)│Hypochaeris achyrophorus (h)│Ipomea imperati (H)│Leopoldia comosa (H)│Micromeria graeca (h)│Papaver rhoeas  (h)│Papaver dubium  (h)│Parietaria judaica (V)│Piptatherum miliaceum (H)│Ranunculus acris (h)│Raphanus raphanistrum (H)│Robinia pseudoacacia (h)│Ruta chalepensis (h)│Sambucus (H)│Saxifraga tridactylites (h)│Sedum sediforme (H)│Solanum nigrum (H)│Sonchus tenerrimus (V)│Tamus communis (H)│Teucrium flavum (h)│Trachynia distachya (H)│Trifolium scabrum (H)│Umbilicus rupestris (V)│Urtica dioica (H)│Valantia muralis (h)│Vulpia ciliata Dumort (H)

*Le specie in cursivo sono in mostra

 

BIOGRAFIA


Àngels Viladomiu

BARCELLONA, 1961. Artista visiva, dottorato in Belle Arti all’Universidad de Barcelona. La sua ricerca esplora le connessioni tra arte, botanica e dendrologia attraverso progetti artistici interdisciplinari. Per lo sviluppo dei suoi progetti collabora abitualmente con specialisti in botanica, briologia, orticultura e giardinaggio. Una parte della sua ricerca si è incentrata sullo studio delle collezioni degli erbari storici e si è svolta presso: Institut Botànic di Barcellona; Botanische Sammlung-Goethe National Museum-Klassik Stiftung di Weimar; Institut für Spezielle Botanik del Giardino Botanico di Jena, Herbarium Haussknecht Friedrich-Schiller-Universität Jena, tra gli altri.

Ha una lunga traiettoria di mostre nazionali e internazionali in centri d’arte, musei e gallerie, come Fundación Miró di Barcellona; ARTIUM Centro-Museo Vasco de Arte Contemporáneo, 

Vitoria-Gasteiz; Galería Moriarty, Galería Fúcares, Madrid. La sua opera è rappresentata in diverse collezioni pubbliche e private come Col·lecció Testimoni, Barcellona; Colección Fundación Coca-Cola. Centro de Arte Contemporáneo DA2, Salamanca; Colección del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid. 

È docente nella facoltà di Belle Arti dell’Universidad de Barcelona e attualmente coordina il Master ufficiale PRODART. Producción y investigación artística della stessa università.

MAR SÁEZ, TERZA VITA

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


TERZA VITA

Terza vita coglie le esperienze affettive di un territorio al di là di un’idea generale della città pandemica. Per certi versi, la fotografia reagisce alla singolarità di questo periodo, ma una lettura approfondita dello “stato d’eccezione” non coinvolge soltanto questo presente di pandemia, ma anche il modo in cui ci relazioniamo nelle città del ventunesimo secolo, la nostra mappa degli affetti. Pertanto, la prima domanda sorge in maniera quasi naturale: come convivono gli abitanti di una città che limita i suoi movimenti, chiude i suoi locali, ristoranti, musei… O meglio: che cos’è la libertà?

In un primo impulso, Terza vita studia questo concetto di libertà in un senso ampio e corale, se non paradossale. A tale scopo, concilia la fotografia con il documento, registrazioni video e interviste audio, e risalta quei momenti in cui la vita sotto minaccia del Covid rompe le nostre idee preconcette: i protagonisti di queste fotografie, di diverse età, origini o strati sociali, mostrano una stessa pulsione nonostante il considerevole stravolgimento del nostro contesto. La libertà emana una carica profonda, una forza radicata nella sensualità stessa dell’essere umano, e perfettamente incarnata dalla città di Roma: un esercizio di seduzione e di celebrazione della fugacità, un appetito di vita.

Infine, questo appetito inteso come difesa dell’esistenza, si conclude con un patto che chiude il cerchio di Terza vita: l’amore. Forse una nuova schiavitù, volontaria, ma aperta a tutte le possibilità. Sulla spiaggia di Ostia le fotografie colgono l’istante in cui avviene la promessa di un futuro: coppie di diverse età e in diversi momenti della propria storia personale a partire da un’intimità invasiva e complice. Invasiva perché i ritratti di Terza vita mirano a essere permeabili all’intimità dei fotografati. Ecco perché è importante il punto in cui si posiziona la macchina fotografica. Non tanto in un senso tecnico, come se si trattasse di una semplice questione di distanza o di altezza “obiettiva”, ma in un senso di temperatura etica: la macchina fotografica è posta sullo stesso piano della persona fotografata per accoglierla senza giudicarla; anzi, permettendole di mostrare tutta la sua vicinanza.

Sia nell’analisi della nozione di libertà che nei giochi di seduzione o nei patti d’amore, Terza vita studia un elemento principale di questa convivenza attiva: la promessa di futuro. Una celebrazione di quella vita tanto estranea alla nostalgia di un passato stabile quanto allo choc del presente e che emerge perfino nelle condizioni più avverse.

 

OPERE


Video (ingresso dell’accademia)

Senza titolo. Opera appartenente al progetto Terza vita.

Sulla spiaggia di Ostia Mar Sáez si è dedicata a osservare coppie di diverse età attraversate dal desiderio.

Opera sonora (stanza)

Senza titolo. Opera appartenente al progetto Terza vita.

Opera che raccoglie le interviste di Mar Sáez a svariati cittadini e cittadine durante la sua permanenza a Roma. L’opera è completata da un quaderno che raccoglie voci come quella di Franca, 90 anni, che ricorda il padre fascista ed esprime preoccupazione per il figlio disoccupato di 53 anni a suo carico; o di Marta, 33 anni, che analizza l’insicurezza consustanziale dell’essere donna a Roma; o di Abbas, 41 anni, che si lamenta dell’abbandono vissuto dai migranti rifugiati…

Serie fotografica  (primo piano)

Terza vita. Ritratto di un territorio vivo.

 

BIOGRAFIA


MAR SÁEZ

Mar Sáez (Murcia, 1983) è laureata in Psicologia e Comunicazione Audiovisiva all’Università di Valencia. La sua fotografia è stata esposta a The Gabarron Foundation a New York, Retine Argentique Gallery a Marsiglia e F22 Foto Space a Hong Kong, nonché in festival come KLAP Maison pour la Danse a Marsiglia, Arles, GuatePhoto in Guatemala, o fiere come Paris Photo, London Art Fair, ARCO e Estampa.

Vincitrice della Borsa di Studio di Arti Plastiche della Regione di Murcia, è stata insignita per due anni del Premio LUX dell’Associazione dei Fotografi Professionisti di Spagna (AFPE), selezionata in Festival come Scan de Tarragona, Albarracín e Futures 2020 proposta da PHotoEspaña, tra gli altri.

È autrice di due libri fotografici: Vera y Victoria (2016) e Gabriel (2018), pubblicati dalla casa editrice francese André Frère Éditions. La sua opera è presente in collezioni pubbliche e private in Europa, Asia e Stati Uniti. Come artista è rappresentata dalla galleria Daniel Cuevas di Madrid e Fifty Dots di Barcellona.

www.marsaez.com

TXUSPO POYO, GRAND HOTEL NAZARENO

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


GRAND HOTEL NAZARENO

Grand Hotel Nazareno analizza gli spostamenti simbolici, metaforici e letterali dei gabinetti di Scienze Naturali utilizzati come modello pedagogico nei collegi di ordine religioso.

Questi gabinetti, creati nel Settecento e ancora vigenti ai giorni nostri, includevano collezioni di minerali, erbari o animali esotici imbalsamati, tra le altre cose, molti dei quali provenienti dalle missioni nelle colonie latinoamericane, africane e asiatiche.

Il collegio Nazareno, fondato da Giuseppe Calasanzio nel 1630 nella città di Roma, fu la prima scuola pubblica e gratuita d’Europa. Dopo quasi 400 anni di attività educativa, l’edificio è stato recentemente venduto a una lobby alberghiera per una riconversione a hotel di lusso. Dopo questa operazione immobiliare, le collezioni d’arte, la biblioteca e il gabinetto di Scienze Naturali sono state depositate nelle varie sedi di proprietà degli scolopi dentro e fuori Roma.

Il corpo osseo di una balena catturata il 14 aprile del 1843 in Groenlandia ha fatto parte del suddetto collegio fino alla sua chiusura, ed è stato infine destinato all’Istituto Giuseppe Calasanzio insieme al resto del gabinetto.

Il suo trasferimento da questo istituto educativo è stato realizzato in un furgone che ha percorso i luoghi emblematici di Roma, con la successiva sistemazione nel salone dei ritratti dell’Accademia, trasformando questo luogo non soltanto in un gabinetto, ma anche in uno spazio per la pratica e la riflessione pedagogica. Il corpo spiaggiato di questa balena sussurra la fine di un’epoca, mentre rimane nell’immaginario di alcune generazioni.

Devo ringraziare la generosità dell’Istituto Giuseppe Calasanzio e di tutti i residenti dell’Accademia che hanno reso possibile questo progetto.

 

Opera


GRAND HOTEL NAZARENO

Attraverso l’idea del viaggio, un furgone che trasporta lo scheletro di una balena, una delle opere più significative del gabinetto del collegio Nazareno, parte dall’istituto educativo Giuseppe Calasanzio, luogo in cui si trova attualmente la collezione, dopo che l’immobile del collegio è stato venduto al fine di farne un hotel di lusso. Il furgone attraversa quei luoghi emblematici di Roma che, proprio come è successo alla scuola, sono stati spostati e svuotati di significato, in un’operazione speculativa di pulizia della storia generata dal turismo stesso della città. Alla fine del viaggio, lo scheletro giunge all’Academia de España en Roma e viene trasportato da una catena umana formata dagli stessi residenti, a cui si sono aggiunti altri volontari, per poi essere sistemato nel salone dei ritratti. Il luogo è stato attrezzato a mo’ di gabinetto e ha permesso di realizzare alcune pratiche e riflessioni pedagogiche attorno a questo corpo osseo spiaggiato all’interno dell’Accademia.

 

BIOGRAFÍA


TXUSPO POYO

Dagli anni ’90, Txuspo Poyo ha seguito una determinata metodologia di processo, con un senso molto marcato del montaggio, per tracciare storie giustapposte a partire dalla ricerca e dall’analisi di alcuni avvenimenti generazionali in incroci ibridi. Questi vanno dalla serie di celluloidi in cui decostruiva pellicole per eseguire tessuti con l’immagine filmica, all’uso della console Pixel Vision come dispositivo di giocattolo pre-tecnologico; il suo obiettivo, realizzare uno studio documentario sull’aspetto relazionale nel comportamento morale, di genere, sociale e psichico dei cartoni animati nella cultura occidentale. Tutte queste proposte hanno generato racconti la cui tensione risiede in immagini incrociate, trame in cui confluiscono residui storici e inconclusi, insieme a frammenti dell’immaginario culturale sia collettivo che individuale, catturati dalla storia, il mondo del cinema, l’architettura e la letteratura fantascientifica. Le sue opere apportano una rilettura di modi e modelli di produzione e rappresentazione.

www.txuspo-poyo.com

MURIEL ROMERO, RISONANZE OCCULTE

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO


RISONANZE OCcULTE 

Risonanze Occulte nasce da una ricerca transdisciplinare che concilia la danza con modelli computazionali volti a sostenere ed espandere lo studio sistematico del movimento espressivo.

Tramite tecniche di cattura del movimento, machine learning, sonificazione interattiva e tecniche di digitalizzazione che permettono di arricchire, analizzare, immagazzinare, documentare e accedere a gesti e aspetti espressivi del movimento.

Uno degli aspetti centrali di questo progetto risiede nell’uso di questa tecnologia interattiva come un mezzo per estendere il movimento corporeo ad altri mezzi di espressione artistica. 

Questo permette, ad esempio, di comunicare attraverso la sonificazione o la visualizzazione aspetti espressivi della danza che solitamente rimangono nascosti all’osservatore esterno, offrendo l’opportunità di tradurre in un’altra modalità sensoriale le qualità di movimento ipnotiche presenti nei capolavori che ispirano questo progetto. Come suonerebbero le qualità di movimento che percepiamo nell’opera scultorea di Bernini, per esempio la fluidità-rigidità di Apollo e Dafne, la tensione posturale del Ratto di Proserpina o la fragilità nell’Estasi della beata Ludovica Albertoni?

L’obiettivo finale di questo progetto è integrare questi elementi in un’opera con tre diversi formati, cinematografico, scenico e museale, che fungano da disseminazione artistica della ricerca. Un’opera che stabilisce un ponte tra capolavori delle arti visive, l’intelligenza artificiale, la musica e l’esperienza concreta del corpo.

 

OPERA


DĬĒS

Un momento non esiste nel tempo, è una frazione artificiale estrapolata da un continuo inafferrabile. L’arte mira a cogliere quei momenti e, pertanto, come nella creazione di una scultura, ci ricorda che c’era una vita e, pertanto, rappresenta anche la morte. Dĭēs è un film che concilia danza, musica e scultura nel Tempietto del Bramante, un tempio che costituisce un capolavoro del Rinascimento a Roma. Entrare in un tempio è varcare una soglia che simboleggia il passaggio dal noto all’ignoto, dalla luce della consapevolezza all’oscurità dell’inconscio, una dimensione atemporale in cui risiedono le forze dinamiche e creative dell’individuo.

 

BIOGRAFIA


MURIEL ROMERO 

È ballerina e coreografa. Il suo lavoro s’incentra sullo sviluppo di tecniche coreografiche generative, includendo nel suo linguaggio astrazioni prese da altre discipline come la musica, la matematica e l’intelligenza artificiale. Ha ottenuto diversi premi internazionali come i premi del pubblico e della critica al Moscow International Ballet Competition, Prix de la Fondation de Paris al Prix de Lausanne e il 1º Premio de Danza Ciudad de Barcelona. È stata prima solista di prestigiose compagnie tra le quali si annoverano Deutsche Oper Berlin, Dresden Semper Oper Ballet, Bayerisches Staatsballet Munchen, Gran Théatre de Genéve o Compañia Nacional de Danza. Nel corso della sua carriera ha lavorato con rinomati coreografi del nostro tempo come W. Forsythe, J. Kylian, Nacho Duato, Ohad Naharin, Saburo Teshigawara e Cisco Aznar. Nel 2008 fonda Instituto Stocos insieme al compositore Pablo Palacio, un progetto basato sull’analisi e lo sviluppo dell’interazione tra gesto corporeo, suono e iconografia visiva. Con questo progetto ha prodotto una serie di lavori che fungono da disseminazione artistica della sua ricerca, che è stata sostenuta dall’Unione Europea sia in programmi di Cultura che di Industria Comunicazione e Tecnologia all’interno del programma Horizon 2020.

www.stocos.com

 

CREDITI


Un progetto di Muriel Romero per la Real Academia de España en Roma.

Questo film fa parte del progetto Risonanze Occulte, un progetto che include una perfomance con sonificazione interattiva, cattura di movimento, intelligenza artificiale e questo film.

Regia: Stefano Di Prieto

Sceneggiatura: Stefano Di Prieto, Pablo Palacio e Muriel Romero

Produzione: Real Academia de España en Roma & Instituto Stocos

Coreografia: Muriel Romero

Performer: Teresa Garzón, Alicia Narejos, Muriel Romero

Composizione musicale: Pablo Palacio

DOP: Giulio Bottini

Editor: Daniel Rodrigues Correia

Gaffer/Assistente di produzione: Marco Rivolta

Drone: Stefano Di Prieto

Costumi: Buj Studio

Acconciature e trucco: Raimondo Santiprosperi

Fotografia backstage: Marcela Sciaccaluga

Produzione: Espectare

Composizione Interattiva, Mix e Mastering: Pablo Palacio

La musica del film è interamente sintetica e combina composizione elettroacustica e sonificazione interattiva del movimento, grazie a un sistema di sensori concepiti appositamente per questo progetto, che trasferisce in suono i movimenti dei performer in tempo reale.

dĭēs è stato girato all’interno della Real Academia de España en Roma che ha sostenuto interamente la residenza artistica di Muriel Romero e ha reso possibile lo sviluppo del progetto Risonanze Occulte.

LEIRE VERGARA, SPACE IS THE PLACE/THE PLACE IS SPACE

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO

SPACE IS THE PLACE/THE PLACE IS SPACE

In qualche luogo lontano: Roma

“A me interessa l’impossibile, perché il possibile è già stato fatto e non è cambiato nulla” (Sun Ra) 

Nel 1977, Sun Ra atterrò sulla Terra, in Italia, con l’obiettivo di compiere una missione speciale a Roma: teletrasportare gli abitanti della città su un altro pianeta attraverso la musica. A tale scopo, portò con sé alcuni fedeli, tra cui il batterista Luqman Ali e il cantante Thomas Thaddeus alias Eddie Thomas. L’evento venne inciso su nastro ma fu solo nel 2015 che Record Store Day lo pubblicò in un doppio album dal titolo In Some Far Place: Roma ‘77. Tra le canzoni incise e raccolte figura Space is The Place. 

In qualche luogo lontano: Roma è il titolo del programma svolto a Roma nell’ambito del progetto di ricerca di Bulegoa z/b Space is The Place/The Place is Space, il cui obiettivo è analizzare il ruolo dell’arte come pratica critica che offre strumenti per fermarsi, osservare e situarsi nel mondo, per generare situazioni e immaginare modi di vivere e di produrre spazio. Strutturato in incontri periodici, ha assunto diverse forme, quali presentazioni, proiezioni, conferenze, passeggiate, azioni sul territorio e diverse produzioni artistiche. 

In qualche luogo lontano: Roma parte dalla città di Roma come “luogo” dal quale concentrarsi e soffermarsi su alcuni gesti di resistenza del passato che ancora oggi attraversano il presente e si proiettano verso il futuro. Mediante la creazione di un gruppo di studio che è stato attivo tra il maggio e l’ottobre del 2021, il programma si è snodato a partire dai contributi di un insieme di invitati/te: artiste, curatrici, autori/trici, registi/te, architetti/te, storici/che e pensatori/trici con legami precedenti, continuativi o immaginati con la città di Roma. 

Gli/le invitati/te sono stati: Giulia Crispiani, Patrizia Rotonda, Sara Benaglia, Arnisa Zeqo, Giulia Damiani, Sara Giannini, Miren Jaio, Susana Talayero, Silvano Agosti, Liryc De La Cruz, Giovanna Zapperi, Stalker, Alvin Curran e William (Bill) Dougherty.

Nella mostra Processi 148 si includono materiali del programma di attività e la sceneggiatura di un film girato in super 8 e realizzato dal gruppo di studio a mo’ di conclusione del processo collettivo.

Il film In qualche luogo lontano: Roma (2021) è un’opera di paternità condivisa tra Usua Argomaniz, Matias Ercole, Giovanni Impellizzieri, Olmopía, Alice Penconi, Cecilia Spetia, Marcela Szurkalo e Leire Vergara. L’anteprima si è proiettata venerdì 15 ottobre 2021 al Teatro Cantiere, Via Gustavo Modena 92, 00153 Roma.

 

BIOGRAFIA

LEIRE VERGARA

Leire Vergara è curatrice indipendente, dottorato al Goldsmiths College University of London e membro di Bulegoa z/b. Ha curato numerosi cicli ed esposizioni. Tra gli altri: Las imágenes recurrentes. Sobre las condiciones materiales de su retorno (con Pablo Martínez), MACBA, Barcellona (2017), La pantalla negra o blanca: el poder de ver imágenes juntos XXIII Jornadas de la Imagen CA2M, Madrid (2016), Jose Mari Zabala Écfrasis. Bideolanak 1986-2016, CarrerasMugica, Bilbao (2016), Dispositivos del tocar: Imaginación curatorial en los tiempos de las fronteras expandidas, Trankat, Tétouan (2015). Dal 2009 al 2005 ha lavorato come curatrice-capo a Sala Rekalde. Dal 2002 al 2005 è stata co-direttrice di DAE-Donostiako Arte Ekinbideak (con Peio Aguirre), progetto associato ad Arteleku. Dal 2016 imparte il corso Curating Positions nel Master di Arte del Dutch Art Institute, ArtEZ University of the Arts, Arnhem.

Bulegoa z/b è un ufficio di arte e conoscenza fondato nel 2010 e situato nel quartiere Solokoetxe di Bilbao. È un luogo di incontro tra la pratica e la teoria incentrato sulla produzione, la discussione, lo scambio di idee e la materializzazione di progetti artistici. Fanno parte di Bulegoa z/b Beatriz Cavia, Miren Jaio e Leire Vergara. Silvia Coppola è assistente di produzione.

SHIRIN SALEHI, IL TEMPO SENZA SCONFITTE

REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA
PROCESSI 148│MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI RESIDENTI, STAGIONE 2020/2021

Dal 7 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022

 

PROGETTO

Il tempo senza sconfitte

Le crepe in un’iscrizione spaccata su pietra o metallo, un affresco di cui non rimane quasi nulla o un busto scheggiato: tutto sembra pulsare ancora per il contatto con una mano che incide, il corpo di un artista artigiano. In essi trema l’essenza del linguaggio: nel gesto di un’incisione – nell’azione fisica di un intaglio – un corpo che va a scomparire lascia la sua impronta su una materia che magari non perirà. Al di là di tutti i significati e dei segni convenuti che descrivono un tempo, nell’atto stesso del fare risiede uno dei gesti fondamentali dell’essere umano: il desiderio di lasciare una memoria per gli occhi e per le menti che ancora non esistono. 

Partire dai frammenti, da qualche graffiato disegno, da immagini che non si lasciano intrappolare completamente, segni illeggibili, dichiarazioni cancellate dalle epoche, inconoscibili, alfabeti diversi; spogliarsi di tutto e di tutti ed essere semplicemente gesto. Come in un sogno ad occhi aperti, riusciamo quasi a raggiungere i nostri antenati, ne tocchiamo la fisicità nella carezza di una materia che perdura. Lì sono stampati i corpi degli altri senza nome che ci hanno abitato in un tempo precedente. 

Riconoscersi come vincolo conferisce un altro senso all’atto del fare, nelle mani che si tendono disegnando incisioni sul metallo, la schiena che s’incurva sul gesso o sull’argilla. L’artista artigiano è un corpo creatore, che scrive riguardo al tempo e a una materia che non è oggetto di consumo ma comunione.

Nata a Teheran nel 1982, emigra in Europa alla fine degli anni Novanta. Dopo alcuni anni di lavoro come ingegnere delle telecomunicazioni, nel 2009 cambia rotta e inizia la sua formazione artistica presso la Scuola di Arti e Mestieri Arte Diez, specializzandosi in incisione. Completa i suoi studi, tra numerosi workshop, nel Master del CIEC e nel Master in Ricerca e Creazione della Facoltà di Belle Arti dell’Università Complutense, al termine del quale ha pubblicato (velado). 

Parallelamente alla pratica artistica, lavora a progetti di insegnamento, scrittura, traduzione di poesia e interpretariato. Ha tenuto workshop sul libro d’artista e sul pensiero artistico in diversi centri culturali, in particolare il Center for Book Arts di New York, e ha partecipato come oratrice al programma Enfoques su invito della Fundación Amigos Museo del Prado (2021). Presso la Fundación Miró Mallorca, si è tenuta nel giugno 2021 la mostra del suo progetto ‘Un Punto Fijo para Orientarse’, insieme all’artista Inma Herrera, dopo aver entrambe ricevuto il Premio Biennale Pilar Juncosa e Sotheby’s per la Creazione 2019. Ha sviluppato diversi progetti come artista residente in centri come la Casa de Velázquez (Madrid), il museo Neomudéjar (Madrid) e la fondazione Il Bisonte per lo studio dell’arte grafica (Firenze). Tra i premi di cui è stata insignita, degni di nota sono il primo premio per il libro d’artista della Fondazione Ankaria 2015, il premio speciale Combat Prize (Livorno, 2015), il premio Pilar Banús ai Premios Nacionales de Grabado del Museo del Grabado Español Contemporáneo (2014) e il primo premio di FIG Bilbao (2012).

 

Opere

Con un lavoro interdisciplinare che esplora media come la grafica, il disegno, la scultura e l’immagine in movimento, Shirin Salehi indaga la dimensione poetica e saggistica del linguaggio visivo a partire da idee come l’occultamento, la materia cancellata e la scrittura illeggibile. In “Time without Defeat”, un progetto che ha sviluppato durante la sua residenza all’Accademia di Spagna a Roma, si basa sulla sua preoccupazione per il tempo e l’incisione, in conversazione con approcci di autori di riferimento per l’artista come Pascal Quignard e María Zambrano. L’artista indaga la lettura della materia incisa e di un tempo precedente (alla produzione), un tempo che comprende spazi poetici che guardano al linguaggio stesso, un tempo che non si consuma né si esaurisce. Prestando grande attenzione alla risoluzione formale dei pezzi, presta particolare attenzione alle qualità concettuali dei materiali, costruendo un corpo di lavoro in cui il contenimento e l’austerità presentano il tempo che interessa all’artista per aprire conversazioni con lo spettatore.

«Nada es signo»

Gesso pigmentato, intaglio, grafite e legno.

150 x 50 x 8 cm.

 

«Un orden remoto»

Rame, acquaforte, inchiostro d’acquaforte e gesso pigmentato.

Set di tre parti. 150 x 5 x 5 cm ciascuno.

 

«Los signos naturales» 

Gesso pigmentato Otto tavolette.

Misure variabili. Dimensioni del set: 37 x 200 x 2 cm.

 

«Si nada se busca»

Rame, acquaforte e inchiostro per incisione a rilievo. Set di due lastre di rame.

60 x 50 cm ciascuna.

 

«Todo se da inscrito en un movimiento circular»

Fotogrammi. Stampa digitale su carta.

Dimensioni del set: 35 x 153,35 cm.

 

«Nocturno (I)»

Fotografia. Stampa digitale su carta.

50 × 80 cm.

 

«El tiempo sin derrota» 

Rame, acquaforte e inchiostro per acquaforte.

Installazione nel Tempietto di San Pietro in Montorio.

60 x 150 cm x 6 cm.

 

BIOGRAFIA


SHIRIN SALEHI

Nata a Teheran nel 1982, emigra in Europa alla fine degli anni Novanta. Dopo alcuni anni di lavoro come ingegnere delle telecomunicazioni, nel 2009 cambia rotta e inizia la sua formazione artistica presso la Scuola di Arti e Mestieri Arte Diez, specializzandosi in incisione. Completa i suoi studi, tra numerosi workshop, nel Master del CIEC e nel Master in Ricerca e Creazione della Facoltà di Belle Arti dell’Università Complutense, al termine del quale ha pubblicato (velado). 

Parallelamente alla pratica artistica, lavora a progetti di insegnamento, scrittura, traduzione di poesia e interpretariato. Ha tenuto workshop sul libro d’artista e sul pensiero artistico in diversi centri culturali, in particolare il Center for Book Arts di New York, e ha partecipato come oratrice al programma Enfoques su invito della Fundación Amigos Museo del Prado (2021). Presso la Fundación Miró Mallorca, si è tenuta nel giugno 2021 la mostra del suo progetto ‘Un Punto Fijo para Orientarse’, insieme all’artista Inma Herrera, dopo aver entrambe ricevuto il Premio Biennale Pilar Juncosa e Sotheby’s per la Creazione 2019. Ha sviluppato diversi progetti come artista residente in centri come la Casa de Velázquez (Madrid), il museo Neomudéjar (Madrid) e la fondazione Il Bisonte per lo studio dell’arte grafica (Firenze). Tra i premi di cui è stata insignita, degni di nota sono il primo premio per il libro d’artista della Fondazione Ankaria 2015, il premio speciale Combat Prize (Livorno, 2015), il premio Pilar Banús ai Premios Nacionales de Grabado del Museo del Grabado Español Contemporáneo (2014) e il primo premio di FIG Bilbao (2012).