PERFORMANCE DUM LUCEM HABETIS / MENTRE AVETE LA LUCE / MIENTRAS TENÉIS LA LUZ

PERFORMANCE Dum lucem habetis / Mentre avete la luce / Mientras tenéis la luz
24 giugno ore 20:30,  Giardini dell’Academia de España en Roma

La luce e il corpo sono la materia di lavoro; la luce è l’agente fisico che rende visibili gli oggetti – è sia una realtà fisica che una realtà metafisica – ma la luce è anche lo spazio interno vuoto delle cavità o degli organi del corpo. Attraverso lo studio della luce, il corpo, l’anatomia e i rapporti possibili tra di essi, questo progetto parla dell’attraversare, del mettere il fuori nel dentro e di tirare fuori il dentro, i cicli, la durata e lo stare. Dum lucem habetis / Mentre avete la luce / Mientras tenéis la luz è un incontro in cui la danza, la musica, la luce e i racconti si mescolano con il rito. Uno spazio e un tempo condivisi in cui interpreti e pubblico sono partecipi.

Vi invitiamo a festeggiare il giorno di San Giovanni e il solstizio d’estate nei giardini dell’Accademia, una celebrazione intesa dal punto di vista del sacro e del profano, da quello delle arti sceniche e della cultura popolare. Siamo: Roberto Baldinelli, David Benito, Irene Cantero, Álvaro Cantero, Elena Córdoba y Luz Prado. Questa performance è realizzata grazie alla Borsa di Studi MAEC-AECID d’Arte, Educazione e Cultura per l’anno 2016–2017.

Durata aperta, il pubblico può restare nello spazio il tempo che desidera e può muoversi liberamente.

 

Sfilata di moda di Victor Resco. Collezione DIÁSPORA MMXVII

20 giugno 2017, ore 21.30 – Tempietto del Bramante

In coincidenza con la Giornata Mondiale del Rifugiato, il prossimo 20 giugno alle ore 21:30 avrà luogo la sfilata della collezione Diáspora per presentare il progetto dello stilista Víctor Resco, borsista dell’Accademia. La presentazione, a metà tra performance e sperimentazione, si terrà presso il Tempietto del Bramante. I bozzetti s’ispirano prevalentemente all’opera pittorica di Giorgio de Chirico e illustrano il tema della guerra, proponendo una riflessione sulla realtà politica e sociale europea attuale. La sfilata si propone non solo come presentazione di una collezione di moda femminile, ma anche come dialogo tra moda e danza, grazie alla collaborazione del coreografo Michele Mastroianni.

DIÁSPORA MMXVII

Il progetto Diáspora intende far convivere il metodo surrealista e il design della moda attraverso il tema della guerra. L’ambizione di creare un esercito e la crisi migratoria provocata dalla guerra costituiscono i pilastri su cui si fonda il processo creativo, proponendo entrambi una riflessione politica attraverso il design. Il progetto trae nutrimento dal manifesto surrealista e dal lavoro di artisti del calibro di Giorgio de Chirico, sviluppando un design dal carattere marcatamente grafico e costruttivista. A sua volta, è rilevante anche l’uso di mappe come motivo all’interno di un contesto scenico e narrativo. La reinterpretazione del motivo militare e i riferimenti alla moda degli anni ’30 convivono al fine di comporre uno scenario drammatico.

BIOGRAFIA

Laureato in Belle Arti, Víctor Resco concepisce la moda come un linguaggio plurale, mediante il quale proporre nuovi contesti narrativi. Ispirandosi a elementi della cultura contemporanea, con le sue opere cerca di creare moda concettuale, senza però rinunciare al lavoro sartoriale. Attualmente, Víctor Resco arricchisce la sua identità visiva ricercando mezzi efficaci di promozione e distribuzione. Stabilitosi in Spagna, realizza collezioni di moda e confeziona abiti su misura nel suo atelier di Madrid. Inoltre, partecipa ad attività connesse con il mondo dell’arte e del design, collaborando come stilista e creativo per produzioni teatrali.

 

 

Processi 144. Mostra finale dei residenti della Real Academia de España en Roma

22 giugno – settembre 2017
Inaugurazione 22 giugno, ore 20.00 

CAMERA, LA PRIGIONE DEL CORPO. Programma audiovisivo dell’artista Joan Morey

GIOVEDÌ 8 GIUGNO 2017. Sala Conferenze, ore 19.00 

La Real Academia de España en Roma presenta il programma del video “CAMERA, PRIGIONE DEL CORPO”, che unisce due opere dell’artista Joan Morey (borsista dell’Accademia del 2014-2015) il quale presuppone un punto d’inflessione nella comprensione della perfomance. Le due opere appartengono ad indole diverse e intendono contrapporre direttamente l’esperienza dell’opera stessa con un tipo di trasmissione differita (mediante il registro audiovisivo). Questo programma sottolinea lo spazio che occupa il corpo e la camera nelle performances dell’autore e il modo in cui organizza le metodologie di lavoro specifiche per ogni progetto, che comprende interpreti, tecnici e spettatori.

Presentazione sostenuta dal drammaturgo e teorico della danza Roberto Fratini (Milano, 1972), il quale si affiderà alla presenza di Joan Morey (Mallorca, 1972).  L’attività si concluderà con una conversazione con il pubblico.

SINOPSI

Quest’opera è il risultato della documentazione delle tre perfomances che delineano il progetto IL LINGUAGGIO DEL CORPO, realizzato ne La Real Academia de España en Roma (attraverso la borsa MAEC/AECID 2014-2015). La struttura narrativa di questo video rispetta rigorosamente l’ordine cronologico e strutturale (ordine in cui sono state realizzate).

Il progetto è costituito da una perfomance di tre atti, ciascuno di un’ora, in tre diverse collocazioni dell’Accademia e senza la presenza né dell’artista, né del pubblico, per generare uno spettacolo macchinoso e autonomo. IL LINGUAGGIO DEL CORPO si focalizza nello studio del corpo della scultura classica e della sua “traduzione” al culmine della performance, creando collegamenti concettuali tra l’antico, il moderno e il post- moderno (che sfuggono all’uso di parametri storiografici). Nello stesso modo, l’opera adotta un’attitudine critica difronte alla rappresentazione del corpo. La sua documentazione è limitata dalla visione soggettiva dei tecnici, poiché il progetto include un insieme di regole metodologiche che iniziano dal “NO manifesto” (1965) di Yvonne Rainer; cui obiettivo è quello di rivoluzionare la danza e ridurla ai suoi elementi essenziali.

PROIEZIONI

GRITOS & SUSURROS, Conversaciones con los Radicales. 2009, 29’

IL LINGUAGGIO DEL CORPO (preview). 2015. 33’

BIOGRAFIE

ROBERTO FRATINI

Drammaturgo e teorico della danza. Attualmente è professore di Teoria della Danza in CSD di Barcellona ( Istitut del Teatre) ed è stato insegnante presso l’università Statale di Pisa e dell’Aquila. Imparte workshops, lezioni magistrali e conferenze in diverse istituzioni accademiche e teatrali di Spagna e dell’estero ( CCCB in Barcelona, Université de Lyon, ADC di Ginebra, Mercat de les Flors de Barcelona, Pôle Sud Strasbourg UFR Arts Strasbourg, Hochschule der Kunst de Zurich y Berna). È collaboratore e assessore di compagnie e coreografi della Spagna, Francia, Italia e Svizzera di  Caterina Sagna Dance Company, Germana Civera cie. Inesperada, Cie. Philippe Saire, Juan Carlos García cia. Lanónima Imperial, Lipi Hernández cia. Malqueridas, Agrupación Sr. Serrano, Silvano Voltolina, Rocío Molina, Roger Bernat, Taiat Dansa, La Veronal y Alexandra Waierstall. Inoltre, è professore di laboratori di drammaturgia in ESAD di Galicia, La Caldera, Société des Auteurs Suisses, TanzHaus Zurich, L’Usine Genève, Hochschule der Kunst Bern y Modul Dance Europe. I suoi brani sono stati rappresentati nei principali festival di danza europea ottenendo diversi premi come Prix de la Société des Auteurs Français, el Grand Prix de l’Association des critiques de danse français, con Caterina Sagna, ed el premi Ciutat de Barcelona per la Dansa con Germana Civera. Ha pubblicato libri A Contracuento. La danza y las derivas del narrar (Ediciones Poligrafa, 2012) y Filosofía de la danza (Edicions UB, 2015) con Magda Polo Pujadas i Bàrbara Raubert.

JOAN MOREY

Laureato in Belle Arti all’Università di Barcellona. Esplora principalmente il linguaggio della performance con tutto ciò che genera eventi (attraverso attori, ballerini o modelli), messe in scena ( con gli aspetti tipici della produzione teatrale o cinematografica) o interventi specifici ( partendo dal contesto in cui si sviluppa l’opera); utili nella realizzazione di situazioni in cui, uno o più interpreti, si sottopongono ad un rigido sistema di istruzioni o norme ( schemi coreografici, forme d’interpretazione, impedimenti motrici e altri ricorsi disciplinari). Queste regole sono applicate a un ruolo che il pubblico esercita nei progetti. Inoltre, ha partecipato in diverse esposizioni in musei, centri di arte e gallerie.  Tra i suoi progetti si annoverano: COS SOCIAL (Coproducción de la Red de Centros de Artes Visuales de Catalunya, el Centro de arte Arts Santa Mònica y LOOP Barcelona, Catalunya, 2017), TOUR DE FORCE (CCCB, Barcelona, 2017); IL LINGUAGGIO DEL CORPO (Real Academia de España en Roma; Beca MAEC-AECID, Roma, 2015); THE CHARACTERS (Museu Es Baluard, Palma de Mallorca, 2015); CASCANDO_Variaciones para otra pieza dramática (MACBA, Barcelona, 2013); L’ENSINISTRAMENT (Fabra i Coats Centre d’Art, Barcelona, 2012); BAREBACK (Capilla de la Misericòrdia, Mallorca, 2010); GRITOS & SUSURROS_Conversaciones con los Radicales (La Capella, Barcelona, 2009); OBEY_Humillados & Ofendidos (CGAC, Santiago de Compostela, 2007/09) o POSTMORTEM_Projet en Sept Tableaux (CASM, Centro de Arte Santa Mònica, Barcelona, 2006/2007).

INVITO Invitación Joan Morey, Cámara, prisión del cuerpo, 8 jun 2017 sangría ITA

 

 

 

I Martedì Critici: Antoni Abad

30 MAGGIO 2017, ORE 19.30. TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO

A cura di Alberto Dambruoso e Valentino Catricalà

Martedì 30 maggio avrà luogo il sesto appuntamento della stagione primaverile dei «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti all’ottavo anno di attività.

La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno in diverse sedi. Ospite del sesto appuntamento stagionale de «I Martedì Critici», realizzato in collaborazione con l’Accademia di Spagna, sarà Antoni Abad (Lleida, 1956).

 ANTONI ABAD 

Antoni Abad esordisce verso la fine degli anni Ottanta realizzando sculture dalle forme fluide, mobili e metamorfiche, in rapporto con lo spazio a esse circostante, e spesso accompagnate da fotografie o da immagini in sequenza per rendere visibili le trasformazioni della materia. A partire dalla metà degli anni Novanta, Abad si concentra sul mezzo del video e, dopo una residenza presso il Banff Centre for the Arts ad Alberta, in Canada, presenta nel 1995 al MACBA Últimos deseos. Il lavoro è costituito da una proiezione sul soffitto dello spazio espositivo che mostra la sequenza di immagini di un funambolo il quale, visto dal basso, compie sulla corda tesa un passo dopo l’altro, incede incerto, e torna indietro, alla costante ricerca di equilibrio. Últimos deseos è stato in seguito esposto alla Biennale di Venezia curata da Harald Szeemann nel 1999.

Il 1996 segna l’inizio per Abad dell’uso di internet, con la versione online della videoinstallazione Sísifo, sviluppata per la piattaforma “MACBA online”. Da allora il suo lavoro si dirige principalmente verso la sperimentazione dei media digitali. Il progetto Z, la cui prima versione risale al 1999, anticipa il funzionamento dei social network: scaricando un software gratuito, visualizzato sullo schermo computer come una mosca, gli utenti possono interagire tra loro in maniera collettiva e simultanea. Nel 2003 il progetto Z ha ricevuto il premio Ciutat de Barcelona nella categoria Multimedia.

Nel 2004 Abad fonda megafone.net, un progetto che esplora le possibilità sociali di comunicazione insite nell’uso del telefono cellulare, uno strumento in grado di dare voce alle comunità emarginate dalla società. La proposta è rivolta a gruppi sociali diversi – immigrati clandestini, comunità sfollate, rifugiati politici, persone con mobilità limitata, prostitute, tra gli altri – che sono invitati a creare col telefono cellulare le proprie registrazioni sonore e video, e le fotografie, che sono pubblicate istantaneamente sul web. Durante i primi dieci anni di attività, Megafone.net ha esplorato diversi contesti urbani in tutto il mondo, in città tra cui Lleida, Ginevra, San Paolo, Città del Messico, Tindouf (Algeria), Montréal e Manizales (Colombia). Megafone.net, che come un “megafono” amplifica la testimonianza di queste comunità attraverso le loro cronache audio-visuali, è diventato un vero e proprio osservatorio di minoranze spesso ignorate, stereotipate o rappresentate superficialmente dai mass-media. Il progetto ha ricevuto nel 2006 il Premio Nazionale di Arti Visive della Catalogna e il Golden Nica Digital Communities del Prix Ars Electronica di Linz, in Austria. I dieci anni dell’attività di Megafone.net sono stati presentati in un’esposizione al MACBA nel 2014 attraverso un’installazione audiovisiva interattiva progettata appositamente dall’artista per gli spazi museali. Dal 2015 Abad ha sviluppato il progetto di comunità interattiva in Internet blind.wiki: http://blind.wiki. Attraverso l’uso di smartphone, un gruppo di persone non vedenti e ipovedenti è stato invitato a condividere le registrazioni audio geolocalizzate delle proprie esperienze quotidiane in città. Il progetto ha l’obiettivo di creare una nuova mappatura cittadina, che permette di vivere in contesto urbano attraverso le percezioni delle persone non vedenti. Blind.wiki ha coinvolto diverse città, tra cui Barcellona, Roma, Sydney, Berlino e Breslavia, per approdare quest’anno alla Biennale di Venezia, dove il progetto è stato presentato al Padiglione Catalano, col titolo La Venezia che non si vede.

Antoni Abad ha conseguito la laurea in Storia dell’Arte presso l’Università di Barcellona e l’European Media Master presso l’Università Pompeu Fabra a Barcellona. Ha partecipato alle biennali di Venezia, Lima, Mercosul Porto Alegre e Siviglia. I suoi progetti sono stati presentati in diverse istituzioni, tra cui ricordiamo: la Fundació Juan Mirò, Museu d’Art Contemporani e Centre d’Art Santa Mònica a Barcellona; il Centro de Arte Reina Sofía, La Casa Encendida e Matadero a Madrid; New Museum e P.S.1 a New York; Hamburger Banhof a Berlino e ZKM di Karlsruhe in Germania; Musac a León; Centre d’Art Contemporain a Ginevra; Museo de Arte Moderno di Buenos Aires; Laboratorio de Arte Alameda y Centro Cultural de España in Messico, e Centro Cultural São Paulo e Pinacoteca do Estado de São Paulo in Brasile.

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I Martedì Critici: Maria Morganti

23 MAGGIO 2017, ORE 19.30. TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO

A cura di Alberto Dambruoso e Helga Marsala

Martedì 23 maggio avrà luogo il quinto appuntamento della stagione primaverile dei «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti all’ottavo anno di attività. Ospite del questo appuntamento stagionale de «I Martedì Critici», realizzato in collaborazione con l’Accademia di Spagna, sarà Maria Morganti (Milano, 1965).

MARIA MORGANTI

Il colore è al centro della pratica e della riflessione di Maria Morganti, un colore che non si esaurisce nell’esperienza visiva, nel momento della percezione ottica, poiché costituisce la vera e propria materia con cui l’esistenza è plasmata. Il colore nelle opere di Morganti dà corpo a un mondo invisibile, rende manifesta la materia interiore. L’artista stessa si è definita una “travasatrice di colore”: “mi sento nella posizione di chi il colore lo fa o meglio di chi è il tramite perché il colore si attui, si concretizzi, diventi materia tangibile. Non che io mi senta una creatrice, un’inventrice, ma piuttosto solamente una travasatrice, un intermediario che collega un dentro con un fuori”. Sulle tele della serie Sedimentazione, Morganti ogni giorno stende uno strato di colore diverso, lasciando sul margine superiore un bordo sottile che mostra la successione delle stesure, rendendo così manifesto il processo insito dell’opera e introducendo un altro dei temi fondamentali del suo lavoro: il tempo. Il colore è infatti anche uno strumento di misurazione temporale, che risponde all’esigenza di lasciare una traccia della propria esistenza. Da questa riflessione nasce nel 2004 la serie dei Diari, tavole di legno lunghe un metro, su cui sono stati applicati strati di pittura che documentano i colori usati in studio dall’artista in un periodo dai due ai cinque mesi, come se fosse la linea cronologica di un’esperienza intima. Ma non è soltanto quando viene applicato sulla tela, carta o tavola, che il colore registra e racconta il vissuto: a fare da contrappunto a questi lavori, ci sono le opere della serie Residui, in cui i materiali residuali della pittura che si accumulano nello studio o sugli strumenti di lavoro diventano protagonisti. Il gruppo di opere intitolato Traccia è costituito da brandelli di carta assorbente con cui Morganti si è pulita le mani dal 1999 al 2016, dopo aver lavorato con i pastelli a olio alle Carte-Diario; Melma è un lavoro in progress costituito da un cubo di vetro che contiene una pittura grigiastra, la melma formatasi nel tempo sul fondo dello sgocciolapennelli dell’artista. Entrambi i progetti sono molto evocativi del passaggio del tempo che si deposita e stratifica sugli oggetti quotidiani, anche i più dimessi, e che l’artista si limita a indicare, a porre in evidenza. Come recita il titolo di una sua recente monografia: Il colore succede, non si provoca (2016). Il 10 maggio 2017, presso la Fondazione Querini Stampalia, presenta Svolgimento di un quadro, installazione permanente realizzata per la Caffetteria della Fondazione Querini Stampalia, a cura di Chiara Bertola.

Dal 1992 al 2012 ha coordinato gli Incontri del mercoledì, cominciati nel suo studio e proseguiti alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia: incontri tra artisti, dove un artista mostra, parla e riflette sul proprio lavoro insieme ad altri colleghi.

Dopo essersi diplomata presso il Liceo Artistico Statale Hajech di Milano nel 1985, Maria Morganti completa la sua formazione artistica a New York, dove frequenta i corsi alla New York Studio School, e successivamente alla New York University e all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1992 si trasferisce a Venezia, dove tuttora vive e lavora.

Tra le sue mostre personali ricordiamo: Maria Morganti, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia 2006; Leporelli in White Screen, Via Farini, Milano 2007; Diario cromatico, Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2008; Indugi con Bruna Esposito, Galleria Caterina Tognon, Venezia 2009; L’Unità di misura è il colore, Museo di Castelvecchio, Verona, 2010; Un diario tira l’altro, Galleria Ottozoo, Milano 2010; Procedere, trasformandosi, rimanendo, Galleria Caterina Tognon, Venezia, 2012; Giardini squisiti (con Massimo Kaufmann), Casa Testori, Novate Milanese, 2014; Pronuncia i tuoi colori, Galleria Ottozoo, Milano, 2015; Svolgimento di un quadro, Fondazione Querini Stampalia, Venezia, 2017. Tra le mostre collettive ricordiamo: la XV Quadriennale, Palazzo delle Esposizioni, Roma, 2008; Pittura aniconica, Casa del Mantegna, Mantova, 2008; Poetiche nomadi, Museo laboratorio ex manifattura tabacchi, Città Sant’Angelo, 2010; Sentimiento nuevo, MAMbo, Bologna, 2012; Visioni. La fortezza plurale dell’arte, Fortezza borbonica, Civitella del Tronto (Teramo), 2012; Autoritratti. Iscrizioni del femminile nell’arte contemporanea italiana, MAMbo, Bologna, 2013; Edra. Tutta l’Italia è silenziosa, Real Accademia di Spagna, Roma, 2015; Alchimie, Fondazione Bevilacqua La Masa, 2016; La pelle, Officina, Bruxelles, 2016; Boundary Issues, Unosunove, Roma, 2017; L’emozione dei colori nell’arte, GAM e Castello di Rivoli, Torino, 2017.

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I Martedì Critici: Italo Tomassoni

9 MAGGIO 2017, ORE 19.30. TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO

A cura di Alberto Dambruoso e Guglielmo Gigliotti

 

Ospite del terzo appuntamento stagionale de «I Martedì Critici», realizzato in collaborazione con l’Accademia di Spagna, sarà Italo Tomassoni (Ancona, 1938). Laureatosi in Giurisprudenza presso l’Università di Perugia nel 1962, Italo Tomassoni ha intrapreso, parallelamente a quella di avvocato, una brillante carriera di critico d’arte che in poco tempo lo ha portato a confrontarsi con numerosi artisti di spicco nel panorama italiano e internazionale, da Alberto Burri a Gino De Dominicis a Joseph Beuys, per citarne alcuni.

Nel 1963 pubblica il suo primo saggio di soggetto artistico, intitolato Per una ipotesi Barocca, incentrato sull’analisi del rapporto tra l’arte barocca e l’arte contemporanea. L’indagine sulla storia, sulla classicità nel contemporaneo, sarà ripresa anni dopo e sfocerà nella definizione di Ipermanierismo, termine da lui coniato nel 1983 e oggetto di un omonimo saggio pubblicato nel 1985. L’ipermanierismo indica la tendenza di ritorno alla pittura, a un’elegante figurazione che, negando le correnti dell’avanguardia degli anni Settanta, si rivolge alla storia dell’arte per “riproporsi come il luogo del valore”, trovando nel tardo-manierismo e tardo-barocco un modello di rarefazione intellettuale e di “inganno”, teso alla ricerca di una dimensione originaria, di una “rivelazione”. Arte come storia dell’arte è il titolo della sezione da lui curata alla XI Quadriennale d’Arte di Roma del 1986, dove sono stati presentati i lavori di Alberto Abate, Stefano Di Stasio e Paola Gandolfi.

Membro dell’AICA fin dal 1964, Tomassoni ha collaborato a diverse testate giornalistiche, tra cui “La Fiera Letteraria”, “Avanti!”, “Vogue”, “Momento Sera”, “Flash Art”, e “Segno”. Negli anni Settanta ha lavorato con Alberto Burri alla creazione della Fondazione Burri a Città di Castello, di cui dal 1992 è consigliere oltre che membro del Comitato scientifico. A Burri Tomassoni ha dedicato molti studi e ha presentato i suoi lavori in diverse occasioni, a partire dall’incontro-mostra con Joseph Beuys a Perugia nel 1980, per arrivare alla monografica presentata al Pecci di Prato nel 1996, fino alla più recente esposizione Burri. Gli artisti e la materia, curata insieme a Maurizio Calvesi presso le Scuderie del Quirinale a Roma nel 2005.

Nel 1999 Tomassoni è curatore dell’esposizione retrospettiva dedicata a Gino De Dominicis alla 48a Biennale di Venezia, insieme a Harald Szeemann, e nello stesso anno fonda l’Archivio Gino De Dominicis, di cui ha inoltre curato la presentazione dell’opera Calamita Cosmica in diverse sedi (Ancona, Mole Vanvitelliana, 2005; Milano, Palazzo Reale-Piazza del Duomo, 2007; Parigi, Château de Versailles, 2007, Bruxelles, MAC’s Grand Hornu, 2008 e Foligno, Chiesa della Santissima Trinità in Annunziata, 2011) e il catalogo ragionato (Skira, Milano, 2011).

Alla carriera di critico e avvocato, si aggiunge quella di accademico: nel 1966 Tomassoni ha fondato con Giulio Carlo Argan il “corso Superiore di Disegno Industriale”, dove ha insegnato fino al 1969. Ha inoltre insegnato Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti di Perugia (1999-2002), e “Il Diritto d’Aurore nelle opere d’arte contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma (2002-2008). Tomassoni è inoltre fondatore, nel 2001 insieme a Marcello Fagiolo, del Centro Studi sul Barocco sotto il patrocinio dell’Accademia dei Lincei, del Museo “Beuys” a Palazzo della Penna a Perugia, nel 2002, e del CIAC – Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, di cui è direttore artistico dal 2009.

Tra le principali mostre ed eventi curati da Italo Tomassoni, ricordiamo: Beuys/Burri, Rocca Paolina, Perugia (1980); Anno Uno (con Michelangelo Pistoletto), Teatro Quirino, Roma (1980); Incontri Arte ’80 (con Lucio Amelio e Alberto Zanmatti), Spoleto (1980); Cy Twombly, elogio della mano sinistra, Festival dei Due Mondi, Spoleto (1980); Un anno da Strindberg (con Francesco Carlo Crispolti), Roma (1981); Il tempo dell’Immagine (con Maurizio Calvesi), Spello, Foligno (1983); Paradis e Ritorno (con Philippe Sollers), Teatro Sala Umberto, Roma (1983); Anacronismo, Ipermanierismo (con Maurizio Calvesi), Anagni (1984); Igor Mitoraj. Un Teatro Anatomico del classico, Macerata (1990); Alberto Burri, Museo Pecci, Prato (1996); Alberto Burri – Omaggio nell’ambito del premio Marche, Ancona (1996); La profondità dello sguardo, Flash Art Museum, Trevi (1996); Giuseppe Piermarini. I disegni di Foligno (con Paolo Portoghesi e altri), Palazzo Trinci, Foligno (1998); Burri. Gli artisti e la materia, Scuderie del Quirinale, Roma (2005); Burri. La sezione aurea dei Cellotex, Fondazione Matalon, Milano (2006); Chiara Dynys. In Alto (con Maurizio Calvesi), Museo Bilotti, Roma (2008); Ivan Theimer. Forme nella città, Macerata (2009); Anselm Kiefer, con Maurizio Calvesi e Bruno Corà, Ex Seccatoi Tabacco Collezione Burri, Città di Castello (2013). Tra le mostre presentate al CIAC – Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, di cui Tomassoni è direttore artistico dal 2009, ricordiamo: Spazio, Tempo, Immagine (2009); Calamitati da Gino, con Giacinto Di Pietrantonio (2012); Vincenzo Agnetti, con Bruno Corà, (2012); Julian Schnabel e Carlo Maria Mariani (2013).

Tra le principali pubblicazioni: Per una ipotesi Barocca (Ed. dell’Ateneo, Roma, 1963); Tàpies, con G.C. Argan, (Ed. Cappelli, Bologna, 1967); Pollock (Sansoni De Agostini, Firenze, 1968; Mondrian (Sadea Sansoni, Firenze, 1969; Arte in Italia dopo il 1945 (Cappelli, Bologna, 1970); Lo spontaneo e il programmato, con prefazione di G.C. Argan, (Laboratorio delle Arti, Milano, 1970); O Grande (Bulzoni Editore, Roma, 1977); Incontro con Beuys (Il Quadrante, Torino, 1984); Ipermanierismo, con prefazione di G.C. Argan, (Politi Editore, Milano, 1985); Difesa della Natura. Joseph Beuys (Charta, Milano, 1996); Beuys a Perugia (Silvana Ed. d’Arte, Milano, 2003); Burri: gli artisti e la materia, con Maurizio Calvesi, (Scuderie del Quirinale, Roma, 2005); Anni ’70. Arte Italiana tra cronaca e mito (Laterza, Bari, 2007); Lo Spazio dell’Immagine e il suo Tempo / Il Tempo dell’immagine e il nostro tempo (Skira, Milano, 2009); Chiara Dynys. Save me (Skira, Milano, 2010); Giuseppe Uncini: i primi e gli ultimi (Silvana ed. Cinisello Balsamo, 2011); Gino De Dominicis. Catalogo ragionato (Skira, Milano, 2011).

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I Martedì Critici: Jordi Colomer

16 MAGGIO 2017, ORE 19.30. TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO

A cura di Alberto Dambruoso e Francesco Careri

 

Quarto appuntamento della stagione primaverile di «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti all’ottavo anno di attività. Ospite del quarto appuntamento stagionale sarà Jordi Colomer (Barcellona, 1962).

La formazione eterogenea di Jordi Colomer, come architetto, scenografo, artista e storico dell’arte, si riflette nella varietà dei media utilizzati nel suo lavoro in cui uno spiccato senso plastico-scultoreo è declinato in fotografie, video e installazioni, che spesso mostrano il processo della loro stessa creazione. Al centro del lavoro di Colomer vi è un’indagine sullo spazio: spazio fisico e reale, performativo e della rappresentazione si sovrappongono nella messa in scena dell’opera, producendo un’esperienza definita dall’autore di “teatro espanso”. Nel 1993, l’esposizione Alta Comèdia a Tarragona segna l’avvio della fusione del linguaggio scultoreo con elementi di allestimento teatrale e riferimenti architettonici, che caratterizzerà gran parte della sua produzione. A partire da quegli anni, dopo il significativo incontro col cinema tedesco d’avanguardia degli anni Trenta, il video diventa il mezzo privilegiato di Colomer per raccontare l’incontro delle diverse discipline. Questo incontro non si esaurisce nel contenuto del video stesso, ma si completa nel momento della proiezione, che avviene all’interno di spazi in cui sono allestite vere e proprie scenografie, sculture abitabili. Simo, presentato al MACBA-Museo di Arte Contemporanea di Barcellona nel 1997, è il primo lavoro che esprime questa svolta. A partire dal 2001, l’indagine spaziale condotta da Colomer si è estesa allo spazio urbano, portando avanti un’esplorazione dei diversi scenari della vita sociale comunitaria. Da Anarchitekton (2002-2004) è un progetto di viaggio, di attraversamento urbano memore della deriva situazionista e delle città utopiche. Il lavoro coinvolge quattro città: Barcellona, ​​Bucarest, Brasilia, Osaka, le cui strade sono attraversate da personaggi che trasportano modelli in cartone di edifici reali. I giochi di prospettive e i cambiamenti di scala creano ironiche sostituzioni e narrazioni che avanzano, con ironia e sarcasmo, una critica alla metropoli contemporanea e alla difficile sopravvivenza di un’esperienza poetica. Oltre al contesto urbano, l’esplorazione di Colomer prende in esame anche il suo opposto: il deserto, nei lavori Arabian Stars (2005) filmato in Yemen e En la Pampa (2008) nel deserto di Atacama in Cile. Nelle opere più recenti, la riflessione si concentra sul rapporto tra utopia e distopia. Prohibido cantar / No Singing (2012, che ha come sottotitolo: Opera didattica sulla fondazione di una città paradisiaca) ha come soggetto l’ascesa e la caduta di Eurofarlete, un fittizio paradiso urbano, che evoca da una parte i progetti falliti delle città-casinò in Spagna (come Gran Scala o Eurovegas), dall’altra la città priva di regole di Mahagonny immaginata da Bertoltd Brecht. ¡Únete! Join Us! è il titolo dell’ultimo progetto che Colomer presenta al Padiglione spagnolo in occasione della 57a Biennale di Venezia, che riflette sul nomadismo, sul movimento come chiave per un ripensamento radicale della società. Read more

I Martedì Critici: Antoni Muntadas

2 MAGGIO 2017, ORE 19.30. TEMPIETTO DI SAN PIETRO IN MONTORIO

A cura di Alberto Dambruoso e Anna Cestelli

 

Secondo appuntamento della stagione primaverile dei «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena contemporanea organizzati dall’ «Associazione Culturale I Martedì Critici», giunti all’ottavo anno di attività. La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte contemporanea, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno in diverse sedi, alternandosi tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – La Farnesina, il Tempietto del Bramante sul Gianicolo, sede dell’Accademia di Spagna, e l’Accademia di Belle Arti di Roma, oltre che all’Istituto Italiano di Cultura Il Cairo.

Ospite del secondo appuntamento stagionale de «I Martedì Critici», realizzato in collaborazione con l’Accademia di Spagna, sarà Antoni Muntadas (Barcellona, 1942).

Entre/Between, la grande mostra che il Reina Sofia di Madrid dedicò nel 2011 ad Antoni Muntadas ripercorrendone gli oltre quarant’anni di carriera, non era strutturata secondo un ordine cronologico delle opere, né basata sulla specificità dei media utilizzati. Articolata in nove nuclei tematici, o meglio, nove costellazioni, l’esposizione rivelava in maniera immediata la natura della pratica artistica di Muntadas, basata su una costante, approfondita ricerca protratta negli anni, accompagnata parallelamente dalla formazione di uno spirito critico, sempre presente nella realizzazione dei suoi progetti. Le nove costellazioni in cui la mostra era articolata – microspazi, paesaggio dei media, sfere di potere, costruzione della paura, luoghi dello spettacolo, spazi pubblici, archivio, traduzione, sistemi dell’arte – tracciano l’orizzonte tematico verso cui si orienta l’opera dell’artista, da sempre impegnato nello svelamento dei meccanismi di potere che regolano alcuni contesti. La presentazione dei lavori avviene attraverso l’impiego di media diversi, alcuni provenienti dal vocabolario concettuale, come l’archivio, l’inchiesta, la documentazione, e i libri, integrati con altri, come serie fotografica, il video, l’installazione, ma anche il web: ogni elemento di questa complessa struttura concorre nel presentare i risultati delle ricerche dell’artista condotte sul campo. Si tratta di dispositivi relazionali, organizzati secondo un certo montaggio, che forniscono al pubblico gli strumenti e il contesto per poter riflettere in prima persona sugli argomenti esaminati, sul potere, le istituzioni che lo rappresentano e le contraffazioni su cui spesso si basa la loro autorità.

Tra i lavori più celebri di Muntadas vi è The File Room (1994-2011), consistente in un archivio, ora consultabile online, che raccoglie una vasta documentazione su casi storici e più recenti di censura, mentre in Between the Frames (1982-1993), l’obiettivo della sua indagine critica è puntato dritto verso il sistema dell’arte, il ruolo dei musei, delle gallerie, dei collezionisti, svelando il sostrato economico che lo governa, attraverso centocinquanta interviste ai suoi diversi attori, tra cui figurano Harald Szeemann e Pierre Restany. Muntadas è un precursore sia nel display, nella presentazione dell’opera, che ha incluso precocemente l’impiego di internet e la conversazione tra media diversi attraverso un originale “montaggio” che ha l’obiettivo di comporre nella sua totalità il progetto, sia nelle tematiche affrontate, ancora attuali, come le problematiche legate alla conoscenza trasmessa dai mass media, o la paura come esercizio di potere e sistema di controllo. Al 2005 data il progetto On Translation: Fear/Miedo, un’indagine che pone a confronto la paura sul piano personale, politico e mediatico, condotta in un territorio di confine tra Stati Uniti e Messico, tra San Diego e Tijuana. Il progetto è stato portato avanti nel 2007 tra il Nordafrica e la Spagna, col titolo On Translation: Miedo/Jauf, (“Jauf” è la parola araba per paura). In entrambi i casi, si tratta di territori di confine tuttora teatro di flussi migratori e incomprensioni, ancora un argomento di scottante attualità, come lo è Alphaville e Outros (2011), un’indagine sulla paura che genera barriere, che in questo caso ha come oggetto della ricerca le gated communities in Brasile.

Fin dalla sua partecipazione negli anni Settanta al Grup de Treball, collettivo di artisti e intellettuali di matrice concettuale, politicamente attivo contro il regime dittatoriale franchista, Muntadas è un artista impegnato che, lontano da ogni slogan o propaganda, ha messo al centro della sua ricerca indipendente l’urgenza di porsi interrogativi, di riattivare negli spettatori una coscienza critica.


ANTONI MUNTADAS  vive e lavora a New York dal 1971. Ha insegnato in diverse istituzioni in Europa e negli Stati Uniti, tra cui l’Ecole Nationale des Beaux Arts a Parigi, l’Ecole des Beaux Arts a Bordeaux e a Grenoble, University of California a San Diego, il San Francisco Art Institute, Cooper Union, l’Università di San Paolo del Brasile e l’Università di Buenos Aires. Insegna attualmente presso il Dipartimento di Architettura del MIT, Cambridge, Massachusetts e allo IUAV a Venezia.

Il suo lavoro è stato esposto in numerosi musei, tra i quali ricordiamo: il MoMa di New York; Berkeley Art Museum; Musée Contemporain de Montreal, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía a Madrid, Museo de Arte Moderno a Buenos Aires, Museu de Arte Moderna a Rio de Janeiro, e il Museu d’Art Contemporani de Barcelona. Il suo lavoro è stato incluso in varie mostre internazionali, tra cui: le edizioni VI e X di Documenta a Kassel (1977, 1997); Whitney Biennial of American Art (1991); la 51a Biennale di Venezia (2005), dove ha presentato On Translation: I Giardini, presso il Padiglione spagnolo, e altre Biennali a San Paolo del Brasile (1983), L’Avana (2000), Taipei (2002), Gwangju (2004), Istanbul (2011) e alla Triennale di Parigi (2012).

Tra le recenti esposizioni personali ricordiamo: Protokolle, Württembergischer Kunstverein, Stoccarda (2006); Proyectos Urbanos (2002/2005), Hacia Sevilla 2008 al Centro de las Artes de Sevilla (2006); Histoires du couteau, Le Creux de l’enfer, Centre d’art contemporain, Thiers (2006-2007); On Translation: Açik Radyo, Myths and Stereotypes al Museo d’arte moderna di Istanbul (2010); About Academia, The Carpenter Center for the Visual Arts, Harvard University, Cambridge, Massachusetts; Arizona State University Art Museum e American Academy in Rome (2011); Muntadas: Entre/Between al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid (2011–2012).

Il suo lavoro si trova, tra le altre, nelle seguenti collezioni pubbliche: The Museum of Modern Art, New York; The Solomon R. Guggenheim Museum, New York;  Long Beach Museum of Art, Long Beach, California; Rotch Library – M.I.T., Cambridge, Massachusetts; Centre George Pompidou, Paris; Centro de Arte Reina Sofia, Madrid; Fundació Museu d’Art Contemporani de Barcelona (MACBA); Fundació La Caixa, Barcelona; Instituto Valenciano de Arte Moderno, Valencia; Ludwig Museum, Budapest; Palais de Beaux Arts, Bruxelles; Fundaçao de Serralves, Porto; Museo de Arte Moderno, Buenos Aires; Museu de Arte Contemporanea, São Paulo; Museo de Arte Contemporaneo, Caracas; The Banff Centre, Banff, Canada; National Gallery, Ottawa; Israel Museum, Gerusalemme.

Muntadas ha inoltre ricevuto premi dalle seguenti istituzioni: Solomon R. Guggenheim Foundation, Rockefeller Foundation, National Endowment for the Arts, the New York State Council on the Arts, Arts Electronica di Linz; Laser d’Or a Locarno, il Premio Nacional d’Arts Plastiques concesso dal Governo catalano, il Premio Nacional de Artes Plásticas nel 2005 e il Premio Velázquez de las Artes Plásticas nel 2009, rilasciato dal Ministero della Cultura spagnolo.

 INFO PUBBLICO Ingresso libero fino ad esaurimento posti

 

OLTRE OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO. Exposición de Alberto Di Fabio – Kepa Garraza

PROYECTO COMISARIADO POR RAFFAELE QUATTRONE CON OBRAS DE ALBERTO DI FABIO Y KEPA GARRAZA

11 DE MAYO – 9 DE JUNIO DE 2017. SALA DE EXPOSICIONES DE LA REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA / ENTRADA GRATUITA HASTA COMPLETAR AFORO

El “más allá de toda duda razonable” es un principio del derecho en virtud del cual el juez emite una sentencia de condena desde el momento en que se halla en posesión de pruebas suficientemente evidentes para justificarla. En otras palabras, el principio del “más allá de toda duda razonable” es una prueba de certidumbre, que se diferencia claramente de la condición social y cultural contemporánea que el sociólogo alemán Ulrich Beck define como “sociedad mundial del riesgo”, donde la certeza acerca del progreso de la Modernidad se ha visto definitivamente sustituida por la duda, es decir, por el método a través del cual nace y se desarrolla la propia Modernidad.

Esta es la clave de lectura utilizada por el comisario Raffaele Quattrone para leer las obras de Alberto Di Fabio y Kepa Garraza: dos prácticas artísticas de gran calidad que reflexionan acerca de la manera en que percibimos y esperamos la realidad. Este proyecto, iniciativa del ccomisario Raffaele Quattrone, se enmarca en la línea de colaboración con comisarios italianos que la Real Academia de España en Roma está promoviendo.


Alberto Di Fabio, artista de gran fama internacional, nos tiene acostumbrados desde hace tiempo a una reflexión acerca de cómo percibimos lo que nos rodea aumentando lo que es pequeño e invisible, pero no por ello menos importante para nuestra existencia. Átomos, neuronas, células, pero también el aura, la energía fosfénica, los paisajes mentales. Una “realidad paralela” que se desvela a los ojos del visitante a través de este signo único y distintivo, estimulando meditaciones, recogimiento, concentración. Un “juego” de inversión de perspectivas que se convierte en método para un crecimiento espiritual y moral. Obras que se convierten en puertas de acceso a mundos paralelos donde la belleza y la armonía nutren y regeneran nuestro ser.

Kepa Garraza, artista español asentado en Bilbao, muestra una selección de obras de su nueva serie “Power”, algunas de las cuales han sido ejecutadas para la exposición en la Real Academia. Es esta serie, el artista reflexiona acerca de la representación del poder en la cultura occidental, desde la Grecia clásica hasta nuestros días, tomando como punto de partida el uso de la escultura en la producción de retratos de personajes históricos directamente vinculados con el poder político o militar. Así, encontramos a Julio César, Alejandro Magno, Vladimir Putin, Napoleón Bonaparte o Stalin. Personajes que han hecho la historia de Occidente y que emplearon el arte como instrumento de propaganda. Tenemos también aquí un estímulo a nuestra capacidad de percepción: no hay que creer inmediatamente la versión oficial.

Raffaele Quattrone es sociólogo y comisario de arte contemporáneo. Es presidente del departamento de Emilia Romagna de la Asociación Italiana de Sociólogos, director de la Revista Startup (editada por Joomag en Estados Unidos), embajador del proyecto Rebirth-Terzo Paraíso creado por Michelangelo Pistoletto, colaborador del Wall Steet International Magazine y de la Galería Sedition de Londres, fundada por Harry Blain propietario de la galería de Blain|Southern. Ha comisariado diversas exposiciones, en espacios tanto institucionales como no institucionales y publicado dos libros sobre la relación entre sociología y arte contemporáneo.


INFORMACIÓN COMPLEMENTARIA: Oltre ogni ragionevole dubbio. Quattrone, Di Fabio y Garraza