2018 / 2019


PROGETTO


Il “SACCO” di Roma.

Tramite la ricerca, lo studio e la rivalutazione dell’avvenimento storico e le sue conseguenze, il famoso Sacco di Roma del 6 maggio del 1527, la ricerca punta a osservare come il gesto distruttivo, il furto e il saccheggio, la profanazione e l’iconoclastia avvenuti in quei giorni (la sua eccezionalità e centralità la rendono paragonabile alla lunga afflizione di immagini nelle guerre iconoclaste del nord protestante europeo), siano all’origine di una certa modernità artistica, di un certo sistema di amministrazione e comprensione delle immagini, della costruzione di una determinata poiesis e di una determinata esthesis, nonché della continuità di entrambi i modi di fare, definitivi per comprendere, ancora oggi, la pratica dell’arte.

Si è sempre segnalato come questo avvenimento significhi una sorta di taglio epistemologico per lo storico (almeno nel registro accademico) trascorrere delle arti visive ed epoche o stili, come il manierismo o il barocco associano ai fatti del Sacco questo cambio di sensibilità. È certo che si creò una nuova disponibilità d’animo nell’invenzione artistica, e un certo assemblaggio tra il nichilismo della distruzione e la malinconia per quanto andato distrutto finì col segnare produzioni significative come quella di Michelangelo o Raffaello che lasciarono una traccia profonda sulla storia dell’arte occidentale. E altre produzioni materiali da delineare che possono leggersi come gesti artistici, azioni che all’epoca furono intese soltanto come atti vandalici, ora sono registrabili come precedenti della sensibilità artistica del nostro tempo.
Gli echi diversi che raggiunge il Sacco nell’immaginazione romana, pensiamo alle repliche di questo terremoto in episodi così diversi come il Risorgimento dopo l’attacco francese del 1849 per finire con la Repubblica Romana o il futurismo prima e dopo il fascismo e la Seconda guerra mondiale; e le voci minori che lo raccontarono, in particolar modo, sono alcune delle esplorazioni che verranno effettuate con l’intento di attualizzare gli exempla del racconto, l’attualità e l’insegnamento dei gesti del Sacco.
Parte importante del progetto mira a identificare quelle altre voci, punti di vista dal basso, racconti o testimonianze popolari o colte, forme in cui si vide ed espresse quella “fine del valore delle cose” che, per esempio, trovano ne La Lozana andaluza, di Francisco Delicado espressioni curiose. La genealogia o debito di questa ricerca con la microstoria o il metodo “indiziario” di Carlo Ginzburg o con le pratiche di scrittura archeologica di Leonardo Sciascia o Pier Paolo Pasolini meritano qui un riconoscimento.

Pertanto, in un certo senso, si tratterebbe di osservare una certa differenza d’uso delle immagini, della loro comparsa, scomparsa e riapparizione, nelle parole di Georges Didi-Huberman, tra una modernità di radice protestante, finora egemonica, costruttrice di potenti apparati di sottomissione tramite una critica radicale delle immagini che non fanno altro che elevarle, alfabetizzarle e amministrarle; e, d’altra parte, al centro di questa ricerca e lavoro sul Sacco di Roma, il fissarsi di nuovi strumenti per la gestione politica delle immagini in questa fase che, seguendo Max Weber, potevamo chiamare fase “cattolica” del capitalismo, la sua estensione finanziaria e globale, legata al consumo e all’ozio e, specialmente, con il ruolo produttore e trasmissore che hanno sulle immagini le classi culturali.

Tramite il lavoro di Crisi, Zibaldoni e Passeggiate (diversi modi di ordinare testi negli scritti dell’epoca), si articolano registrazioni di audiovisivi, mostre, coreografie e testi che costituiranno l’architettura principale della ricerca, la loro esposizione in mostre (musei, teatri, aule) e insegnamenti vari.


BIO


Pedro G. Romero (Aracena, 1964)

Opera come artista dal 1985. Attualmente lavora a due progetti, el Archivo F.X. e la Máquina P.H. Partecipa a unia arteypensamiento e alla PRPC (Plataforma de Reflexión de Políticas Culturales) a Siviglia. Nel 1999 ha pubblicato El trabajo all’interno del progetto Almadraba sviluppato a Tangeri, Tarifa e Gibilterra. Curatore del progetto …de rasgos árabes in Messico, Argentina, Cile, Brasile ed El Salvador tra il 2008 e il 2010. È curatore del progetto Tratado de Paz per la Capitale Europea della Cultura DSS2016. Curatore di Poesía Brossa, insieme a Teresa Grandas, per il Macba di Barcellona. Para l’Amministrazione Comunale di Siviglia prepara, insieme a Luis Montiel e Joaquín Vázquez, la mostra Aplicación Murillo: materialismo, charitas y populismo. È artista partecipante a Documenta14 Atenas/Kassel.

Con Archivo F.X. ha presentato, tra gli altri, il progetto La Comunidad vacía. Política, (2006) per la Fundació Antoni Tàpies di Barcellona, Economía Picasso: Economía (2012) per il Museo Picasso a Barcellona e Una violencia pura: αἴσθησις (2016) nel Museo San Telmo di Donostia/San Sebastián e altri spazi dei Paesi Baschi. Nel 2007 ha presentato Tesauro: Vandalismo nell’antica moschea di Yeni Tzami, a Heterotopias, di/visions (from here and elsewhere), Salonicco, Grecia. Nel 2009 ha mostrato Archivo F.X.: Silo, a mo’ di riepilogo, presso il Monastero di Silos/MNCARS. Nel 2010 ha esposto Thesaurus: Murcia per Transit.org a Manifesta8 nella regione di Murcia, Spagna, in dialogo con il Nord Africa. Ultimamente ha svolto il suo lavoro presso La Escuela Moderna per la 31ª Biennale di San Paolo. È apparsa per i tipi della Spector Books, Germania, la pubblicazione Wirtschaft, Ökonomie, Komjunktur, a partire dal progetto esposto nella Württembergischer Kunstverein di Stoccarda. Nel 2016, come curatore dell’Archivo F.X. ha presentato Sacer. El martirio de las cosas, nell’Espacio Santa Clara di Siviglia. Nel 2017 ha presentato Don Dinero Dos, nella galleria Casa sin fin di Madrid e pubblicato con Periférica il libro di testi Los dineros. Nel 2018 presenta al CA2M di Móstoles, all’Universidad di Valencia e al MNAC di Barcellona la mostra Habitación, prima di una serie di antologiche che chiudono il lavoro dell’Archivo F.X.

In Máquina P.H. promuove la Plataforma Independiente de Estudios Flamencos Modernos y Contemporáneos www.pieflamenco.com. È direttore artistico del bailaor Israel Galván e collabora con diversi artisti, da Rocío Márquez a Tomás de Perrate, per esempio. È stato curatore del progetto Ocaña. Acciones, actuaciones, activismo 1973-1983 per la Virreina di Barcellona e il Centro de Arte Montehermoso a Vitoria. La casa editrice Mudito ha appena pubblicato il suo libro Exaltación de la visión sul cinema di Val del Omar ed è uscita la raccolta El ojo partido. Flamenco, cultura de masas y vanguardias con Athenaica Ediciones. Attualmente presenta, insieme all’architetto María García, nel progetto Máquinas de Vivir. Flamenco y arquitectura en la ocupación y desocupación de espacios, che è stato presentato al Centro/Centro di Madrid e alla Virreina di Barcellona. Tra il 2018 e il 2019 svilupperà, su scala europea, il progetto “forma-de-vida”, sul lavoro dell’arte su flamencos, gitani e rom, per il Bystyre di Bergen in Norvegia e la Kunstvereim di Stoccarda. La sua opera Las sabias è stata l’immagine del cartello della XX Biennale di Flamenco di Siviglia.