MÒNICA PLANES – Processi 151

MÒNICA PLANES, PILA


REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA

PROCESSI 151 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2023/2024

20 giugno 2024

 

SCHEDE TECNICHE

Pila

Mònica Planes

2024

 

Era verso fuori e ora verso dentro (non si vanta più), 2024

Malta di sabbia e grasso vegetale, fagioli, paraffina, gesso, legno

100 x 40 x 30 cm

 

Svolta inaspettata (insostenibile), 2024

Malta di sabbia e grasso vegetale, paraffina, gesso, garza, legno

100 x 60 x 30 cm

 

Manca un corpo allungato (abbraccio), 2024

Malta di sabbia e grasso vegetale, fagioli, paraffina, gesso, legno cemento

75 x 195 x 35 comunque

 

Pila è un’indagine scultorea sulla rappresentazione del corpo in movimento nel corso della storia. Le tre sculture sono il risultato di questa ricerca in Italia. Sono fatte con una malta di sabbia e grasso vegetale e prendono forma usando il corpo intero come uno strumento per dare forma al materiale.

 

PILA, IL PROGETTO

Pila è un’indagine scultorea sulla rappresentazione del corpo in movimento nel corso della storia: quali tipi di corpi sono stati rappresentati, in quali posture, con quali materiali, con quale motivo e come sono entrati in relazione con l’ambiente circostante. La ricerca si articola in tre parti. La prima parte è uno studio sul campo della scultura di diversi periodi storici in cui è presente la rappresentazione del corpo. La seconda è uno studio del movimento, che consiste nell’appropriarsi del movimento trovato nelle sculture precedentemente selezionate, per poi riprodurlo nel corpo e ripeterlo sotto forma di esercizi per immagazzinarlo nella memoria muscolare. Con questa metodologia voglio incorporare il movimento, le posture e, quindi, gli atteggiamenti rappresentati e fissati scultoreamente in altri contesti. Infine, la terza parte consiste in un processo di sperimentazione con materiali organici in cui fissare questi movimenti trovati nelle sculture. Mi interessano materiali come il grasso, il carbone, la paglia o il pane per la loro capacità di immagazzinare e trasformare energia. In questo modo, la scultura cessa di essere un oggetto con un inizio e una fine e diventa uno stato di un processo più ampio che si estende nel tempo e dipende dalle caratteristiche ambientali del contesto in cui si trova.

Nel corso delle mie ricerche in Italia, mi sono concentrata soprattutto sulla scultura dell’antichità (greca e romana) e dell’età moderna (Rinascimento e Barocco), sebbene abbia esplorato, in misura minore, anche la scultura medievale. In tutti questi periodi, la rappresentazione del corpo è stata importante.

Finora ho osservato come la pratica della copia, dell’imitazione e della ripetizione attraversino tutti questi contesti storici in modo non lineare. Pertanto, nel realizzare questo gruppo di tre sculture, ho continuato a utilizzare queste tecniche come metodo di lavoro, ma senza cercare una rappresentazione diretta ma, piuttosto, esplorando la ripetizione, l’imitazione e la copia come processi creativi indipendenti dalla rappresentazione figurativa. Vale a dire che, per dare forma a queste sculture, sono partita da una selezione di sculture trovate in Italia, mi sono messa al loro posto e ho imitato il comportamento del corpo che rappresentano. L’imitazione mi aiuta a capire il loro comportamento e a ottenere un ritorno. Io agisco come la scultura per dare forma a un’altra scultura, e in un certo senso anche lei dà forma a me. Portando le caratteristiche del corpo rappresentato nel mio corpo, esse si caricano della mia esperienza. Il processo è circolare, perché nelle loro possibilità trovo le mie.

La sabbia è il materiale che utilizzo maggiormente nel mio processo di lavoro. La uso per registrare il movimento del corpo, che in questo caso a volte è il mio, altre volte quello delle mie compagne di residenza. Una volta registrato il movimento, posso solidificarlo con altri materiali. In questo caso, ho usato il grasso vegetale di cocco come agglutinante per la sabbia, generando una malta, ma di grasso invece che di cemento. In questo modo, il grasso diventa un elemento strutturale delle sculture e mi permette di farle e disfarle quando ne ho bisogno, semplicemente modificando la temperatura dell’ambiente.

A Roma fa molto caldo in questi giorni, quindi presento queste tre opere accompagnate da ventilatori che mantengono stabile la temperatura della stanza e permettono loro di rimanere intatte per tutta la durata di questa mostra. In caso contrario, potrebbero sciogliersi nel momento più insperato.

 

 SU MÒNICA PLANES 


monica Planes

Mònica Planes (Barcellona, 1992) ha conseguito un Master in Produzione e Ricerca Artistica (2016) e si è laureata in Belle Arti presso l’Università di Barcellona (2014). Ha presentato il suo lavoro individualmente alla Fundación Suñol (2017), insieme ad Alejandro Palacín alla Fundación Arranz-Bravo (L’Hospitalet de Llobregat, 2018), al Centro Cívico Can Felipa (Barcellona, 2020), alla galleria àngels barcelona (Barcellona, 2021, Art Nou 2017), con Pipistrello (Baix Empordà, 2021) e alla Gelateria Sogni di Ghiaccio di Bologna (Bologna, 2022). Negli ultimi anni ha ricevuto borse di studio dalla Fondazione Felícia Fuster (2016), Han Nefkens – Posgraduados UB (2016), Fundación Guasch Coranty (2017), Ayudas Injuve para la Creación Joven (2018-2019) e Barcelona Crea 2021 (2022). Ha inoltre ricevuto il Premio Art Jove de la Sala d’Art Jove (2018), è stata selezionata per il III Premio Cervezas Alhambra (ARCO, 2019), per il Premio Miquel Casablancas (2020) o per la Biennal d’Art Ciutat d’Amposta BIAM (2020, 2018) e al Premio Generación 2023 di La Casa Encendida. Le ultime mostre collettive di cui ha fatto parte sono “Lo que pesa una cabeza” al TEA di Tenerife, “Remedios. Donde podría crecer una nueva tierra” prodotta da TBA21 al C3A di Cordoba e “Turno de réplica. Cuestión de piel” al Museo Patio Herreriano di Valladolid. Nel settembre del 2023 ha svolto una residenza presso lo spazio di ricerca Bulegoa z/b di Bilbao e, attualmente, è residente dell’Academia de España en Roma, Italia. Ha infine partecipato a diversi progetti educativi come Creadores En Residencia (2019) o “Fuera de reservas”.

 

BRIGITTE VASALLO – Processi 151

BRIGITTE VASALLO

[ROMA O MORTE]


REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA

PROCESSI 151 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2023/2024

20 giugno 2024

 

[ROMA O MORTE], IL progetto


Joseph Kosuth crea One and Three Chairs nel 1965, la ricerca della “sedia” attraverso tre diversi registri. Il museo che ospita l’opera dice nel suo catalogo che l’artista “ci invita a decifrare le frasi subliminali con le quali articoliamo la nostra esperienza dell’arte”.

 

Non sono un’artista: sono una scrittrice alla ricerca di una letteratura per non lettrici, una scrittrice figlia di contadine illetterate di tradizione orale. Analfabete, ci chiamavano. Nel mio villaggio, Chandrexa de Queixa, il signor Alfredo che ha quasi cent’anni è preoccupato perché la banca non gli permette più di firmare con l’impronta del pollice. Dice che, da quando sono arrivate le scartoffie, l’essere umano ha smesso di avere parola. Che, prima delle firme e dei contratti, le parole non erano qualcosa che poteva essere spazzato via dal vento, che il nominare era materializzare. Eravamo persone di parola, dice.

 

Non conosco Joseph Kosuth: ma parlando con Ixone Sádaba, un giorno mentre pranziamo in giardino, un giorno qualsiasi, in cui le racconto della mostra e della mia angosciosa ricerca della forma, lei mi fa questo nome.

 

“L’arte che chiamo concettuale”, dice Kosuth, “è tale perché si basa su un’interrogazione sulla natura dell’arte”.

 

La mia interrogazione è sulla natura della Storia, del racconto della storia. Che cosa fa sì che una storia sia Storia, che cosa fa sì che una memoria perduri come memoria, al di là dell’aneddoto, della battuta, della nota a piè di pagina, dell’eccezione, della stranezza. Qual è la materia che separa la rovina dalle macerie. Il monumento dall’oblio.

 

Da cinque mesi vivo in compagnia della frase Roma o morte; davanti alle mie finestre, iscritta sull’Ossario Garibaldino, un monumento ai morti che dice di tenerne viva la memoria. Quanto può essere viva una memoria della morte che non includa le vite in essa? Quanto può essere viva la memoria fissata sul monumento, immortalata?

 

Marc Augé dice che ci sono luoghi che non sono neanche questo, neanche meri luoghi, perché non hanno storia monumentale, identità o legami relazionali. Marc capisce solo Roma o la morte.

 

Da anni cerco la genealogia della diaspora contadina dell’Europa del Sud, quell’Europa che si pensa urbana e industriale e che, da lì, impone il suo mondo senza futuro al resto. Da anni cerco una nostra genealogia che non passi attraverso le logiche imperiali, attraverso il racconto scolastico, attraverso il museo, attraverso i film che ritraggono un mondo arretrato, violento, retrogrado, sporco e vergognoso che dicono essere stato la nostra campagna prima dell’agricoltura, prima del capitale, prima del progresso; racconti che non sorvolino sui nostri legami diasporici, i nostri pacchi da giù, i nostri ritorni d’estate nei paesi d’origine, in arrivi che sentono come ritorni a una casa perduta; vado alla ricerca di identità che non trascurino la nostra identità bastarda, deforme, effimera, attraversata dal divenire.

 

La mia domanda è come fare una storia che non desideri avere un monumento, che appartenga a qualcos’altro, a un altro mondo, ad altre ontologie. E che non menta nemmeno su chi sono io: oralità, memoria del corpo e la letteratura che, tante volte, mi ha anche salvato la vita.

su BRIGITTE VASALLO

Brigitte-8Alba Garcí Fijo

Scrittrice, drammaturga e ricercatrice, titolare della cattedra Mercè Rodoreda di Studi Catalani presso l’Università di New York (CUNY), docente del Master in Genere e Comunicazione presso la UAB e ideatrice del 1° Festival della Cultura Txarnega a Barcellona.

Senza studi universitari, è figlia di contadini di Chandrexa de Queixa esiliati dalla loro terra ed emigrati. Il suo lavoro ruota attorno ai meccanismi di costruzione dell’alterità, con particolare interesse per la differenza sessuale e la scomparsa delle epistemologie contadine.

Come drammaturga, ha presentato Naxos, dramma in tre lamenti e un paio di atti, diretto da Gena Baamonde e appartenente alla prima fase della Trilogia di Naxos, e Un cos (possible) i lesbià, sull’opera di Monique Wittig, co-diretto insieme all’artista visiva Alba G. Corral. La sua produzione letteraria comprende romanzi come PornoBurka, saggi come Pensamiento Monógamo, Terror Poliamoroso o Lenguaje inclusivo y exclusión de clase, e poesie narrative come Tríptico del silencio, pubblicate contemporaneamente in tre diverse versioni nelle sue tre lingue madri.

Web: https://www.brigittevasallo.com/
Instagram: @la_vasallo

PEDRO TORRES – Processi 151

PEDRO TORRES, FESSURA


REAL ACADEMIA DE ESPAÑA EN ROMA

PROCESSI 151 | MOSTRA FINALE DEGLI ARTISTI E RICERCATORI RESIDENTI, STAGIONE 2023/2024

20 giugno 2024

 

SCHEDA TECNICA

Fessura

Pedro Torres

2024

Installazione con videoproiezione, suono, veneziane automatizzate, faretti, specchi e carta

L’osservazione della luce – e delle ombre – è un fenomeno fondamentale, un’esperienza che dà luogo alla scienza e all’arte, due modi di intendere noi stessi nel mondo. Fessura è l’installazione che nasce dalla ricerca sul rapporto tra luce e materia. Basata sui concetti di interferenza e diffrazione, l’opera racchiude elementi di carattere specifico che si verificano nello spazio stesso in cui è stata concepita e in cui viene esposta.

L’installazione riunisce vari elementi – tende veneziane, videoproiezione, faretti, specchi, carta e suono – che si configurano come un dispositivo scientifico, mancato, per creare uno spazio fittizio. Uno spazio che gioca con la percezione visiva e provoca uno spostamento dello sguardo.

Il video proiettato duplica la realtà e si confonde con essa. Le veneziane fungono da schermo e allo stesso tempo da membrana, con un movimento di apertura e chiusura costante ma lento, come un respiro, mettendo in discussione le nozioni umane di dentro e fuori, di continuità e discontinuità. Questa scelta, per costituzione, rimanda all’esperimento scientifico della doppia fenditura, fondamentale per la comprensione del comportamento della luce (come onda e come particella). Qui le fenditure si moltiplicano e cambiano scala, diventano spazi interstiziali attraverso i quali filtra la luce.

Fessura rende visibili alcuni intrecci fisici e mette in discussione l’apparenza della realtà. È una breccia nel nostro rapporto con la luce. Una luce che ci penetra, ma anche che diffrange, causando interferenze e intrecciando tutto.

Crediti:

Concept: Pedro Torres

Registrazione e montaggio video, programmazione luci: Pedro Torres

Suono: Unai Lazcano

Programmazione Arduino: Miguel Ángel de Heras (Hangar)

FESSURA, IL PROGETTO

Fisura [Fessura] dalla nozione scientifica di interferenza per approfondire il rapporto tra la misurazione e la conoscenza che abbiamo della realtà. In fisica, questa interferenza viene osservata attraverso l’interazione dell’ambiente con la luce, che viene disturbata e crea diversi modelli di interferenza. Al centro di questi esperimenti c’è una delle caratteristiche fondamentali della luce – la dualità onda-particella – e il suo comportamento di diffrazione. “La diffrazione”, dirà Karen Barad, “misura gli effetti della differenza, ma ancora più profondamente evidenzia, mostra e rende visibile la struttura intrecciata dell’ontologia contingente e mutevole del mondo, compresa l’ontologia della conoscenza”. Fisura si basa sulla ricerca attorno a questi concetti per proporre un’opera che cerca di destabilizzare la nostra percezione del reale attraverso i sensi e l’esperienza spaziale.

 

SU PEDRO TORRES

PedroTorres

Pedro Torres incentra principalmente la sua pratica artistica sul concetto del tempo, esplorandone diversi aspetti, da approcci e prospettive differenti, sia scientifiche che filosofiche. A partire da questo asse centrale, connette il tempo con altre aree della nostra esperienza, come lo spazio, la materialità, la memoria, il linguaggio e anche l’immagine. Nella sua pratica impiega una varietà di mezzi di comunicazione, cercando un equilibrio tra estetica e sfera concettuale. I temi e le teorie scientifiche sono molto presenti, così come la necessità di esplorare diversi media e processi e di indagare in modo metodologico, intuitivo e poetico. Ha realizzato mostre personali e partecipato a mostre collettive e biennali in Spagna, Italia, Ecuador, Colombia, Argentina, Messico e Turchia. Ha ricevuto premi e sovvenzioni, come la borsa di studio Barcelona Crea, la borsa di ricerca del Dipartimento di Cultura della Generalitat de Catalunya, la PostBrossa, la borsa di Exchange art3/Homesession, gli Ayudas a la Creacción S.O.S ARTE/CULTURA di Vegap, il bando di produzione della Fondazione “la Caixa” e la borsa di studio per le arti visive della Fundación Botín, tra gli altri. Ha partecipato a residenze artistiche in Francia, Islanda, Corea del Sud, Germania e Spagna. Le sue opere si trovano nelle collezioni di MACBA, Fundación Botín, Blueproject Foundation, Colección Untitled e collezione olorVISUAL.

Web: https://www.pedrotorres.net
Instagram: @pedrooootorres